Nome d'arte di Nikolaus Günther Nakszynski, attore tedesco. Di umili origini, nel dopoguerra si stabilisce a Berlino. Un volto pallido dall'espressione folle e minacciosa e uno sguardo penetrante già distinguono il giovane attore alle sue prime prove teatrali, cui corrisponde nella vita un personaggio iracondo e imprevedibile, al contempo folle e geniale, descritto con acutezza e ironia da W. Herzog (Kinski, il mio nemico più caro, 1999). Esordisce al cinema nel 1948 e dopo alcuni ruoli di contorno (I dannati, 1951, di A. Litvak), anche efficaci (Tempo di vivere, 1958, di D. Sirk), diviene in patria un caratterista del genere poliziesco (Paga o muori, 1964, di A. Vohrer). Un modesto ruolo in Per qualche dollaro in più (1965) di S. Leone, un altro in Il dottor Zivago (1965) di D. Lean lo spingono verso innumerevoli interpretazioni nello spaghetti-western (Quien sabe?, 1966, di D. Damiani) e nell'horror (Il conte Dracula, 1970, di J. Franco) di serie B, in Italia e in Spagna. È l'incontro con W. Herzog a liberare il suo istrionismo sinistro e incontenibile (Aguirre, furore di Dio, 1972). Il regista gli affida personaggi eccezionali: per tragica disperazione (Woyzeck, 1978), doti soprannaturali (Nosferatu, il principe della notte, 1979), folle visionarietà (Fitzcarraldo, 1982), violenza allucinata (Cobra Verde, 1987). Lontano dall'amico regista, brilla raramente (La nuit d'or, 1976, di S. Moati), affidandosi a generi inediti (Android - Molto più che umano, 1982, di A. Lipstadt) e tentando una regia dallo sperimentalismo sgangherato (Paganini, 1989).