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"storie ebree" scritte e descritte da un ebreo; di per sè nulla di particolarmente originale o rivoluzionario, altri autori si sono cimentati in qualcosa di simile... mansbach, peraltro molto giovane, è bravo, graffiante, dissacrante ed offre una visione dell'ebraicità newyorkese, per il tramite dei tre personaggi principali, sicuramente godibile e piacevole. è, questo, un romanzo che mi sento sinceramente di consigliare a tutti.
Recensioni
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Tre storie, tre registri narrativi, che partono da lontano per unirsi come in una sonata jazz, costituiscono la trama del primo romanzo tradotto in italiano del giovane scrittore, poeta e musicista statunitense Adam Mansbach. Il titolo non è minaccioso, si tratta di una battuta detta dal nonno al giovane nipote, che gli racconta abitudini poco ortodosse per i festeggiamenti di un bar mitzvah. La prima storia è quella di Tristan Brodsky che vive a New York, Bronx, negli anni trenta in una famiglia che sembra sia stata trascinata da uno shtetl europeo verso il Nuovo mondo con il suo carico intatto, denso di tradizioni culinarie, linguistiche e religiose. Tristan, il cui nome non deriva da uno svarione culturale dei genitori, ma dall'omaggio a un bisnonno materno, vive immerso nel ritmo della cultura afro-americana e desidera diventare scrittore. Come in una storia hollywoodiana con happy and garantito, lo diventa abbastanza agevolmente, non senza sensi di colpa e di inadeguatezza. Nina, invece, vive dall'altra parte del mondo, nella grigia Praga degli anni ottanta. È appena una ragazzina impaurita dalle delazioni e dalla presenza delle spie, quando il padre se ne va negli Stati Uniti a preparare una nuova vita per lei e la madre. Come da copione romanzesco, non dà più segni di vita e le abbandona a un destino di reciproci malumori e tensioni. È Nina a decidere di compiere il balzo verso l'America nel momento in cui si imbatte in un'orchestra jazz, che la prende al suo seguito dopo il tour praghese. Tris, infine, in arte risk, graffitaro e dj, nipote inquieto e creativo di Tristan, diventa in un sol colpo giornalista e compagno di Nina. Il ritmo incalzante e coinvolgente, valorizzato dalla traduzione di Francesco Pacifico, fa trapelare la formazione musicale dell'autore; l'ironia costante è quella tipica del mondo ebraico, che viene letto alternativamente come destino e scelta, minaccia e occasione di libertà. Peccato che il tutto risulti in definitiva solo una saga familiare di gente creativa e un po' folle, in cui i personaggi sembrano costruiti per far combaciare i momenti della trama, più che per esprimere caratteri e umane vicende.
Donatella Sasso
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