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La precisione e la gentilezza stilistica che lo contraddistinguono aiutano il prof. Pievani a liquidare in fretta le favole per creduloni sorte attorno alle presunte profezie maya riguardo al solstizio 2012, per dedicarsi invece a disegnare con tratto fermo un accurato affresco sui vari possibili significati di "fine del mondo". Ma non si tratta affatto di didascaliche spiegazioni di argomenti cosmologici ed evoluzionistici: formano piuttosto una interessante cornice dentro cui, nell'ultima parte del libro, l'autore sembra voler condensare con passione ma senza eccessi il nucleo filosofico della contingenza storica dell'evoluzione umana (e non). Benché qui venga sussurrata e non gridata, di fatto la contingenza storica si scontra brutalmente e - a voler bene ascoltare - anche fragorosamente con il finalismo e "l'escatologia salvifica" che innervano la plurimillenaria tradizione ebraico-cristiana. In alcune vibranti pagine di questo libro si ha la sensazione quasi fisica di spalancare la finestra sull'immensità del tempo geologico, assumendo consapevolezza della reale ed umile dimensione evolutiva della nostra specie, ma anche sentendosi scivolare "in uno smarrimento totale". Per uscire dal quale il prof. Pievani propone ciò che per ora sembra purtroppo solo un sogno, quello di "un'etica laica solidaristica rivolta al futuro", che sia capace di valorizzare la libertà e la responsabilità derivanti da quella nuova consapevolezza. In questo senso, "l'ambientalismo del futuro sarà la forma più alta di umanesimo", perché "la Terra non è nostra proprietà, ma ci è data in prestito dai nostri figli". Queste pagine non sono dunque una mappa dettagliata per una marcia sicura, ma indicano almeno una direzione chiara e fortemente auspicabile per il futuro del genere umano. Nella speranza che non siano "voce di uno che grida nel deserto" ma seme che germoglia e cresce sempre più rigoglioso.
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