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La fine del secolo americano. Il ritratto di un Paese attraverso l'uomo che ne ha incarnato i vizi e le virtù
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La fine del secolo americano. Il ritratto di un Paese attraverso l'uomo che ne ha incarnato i vizi e le virtù - George Packer - copertina
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fine del secolo americano. Il ritratto di un Paese attraverso l'uomo che ne ha incarnato i vizi e le virtù

Descrizione


Richard Holbrooke per quasi mezzo secolo ha definito il potere americano. Sempre a un passo dalla grandezza, tra i corridoi del potere. Una figura imprescindibile per capire l'America di quegli anni e cosa ne è stato del Secolo americano.

«La biografia toccante e tragica di un grande diplomatico». - The Financial Times

«Un libro su un uomo di Stato straordinario, la cui carriera si è intrecciata con i cinquant'anni di declino americano». - The Spectator

C'è stato un tempo in cui l'America governava il mondo. Un'epoca in cui la «nazione indispensabile» - secondo la celebre definizione di Madeleine Albright - esercitava la propria egemonia sui quattro angoli della terra. Era il Secolo americano, l'età della forza militare e del potere della diplomazia, dell'ottimismo, della fiducia nella pace e nella prosperità perpetue. Certo, non era l'età dell'oro. C'erano la guerra fredda e l'incubo della minaccia nucleare, la «politica del contenimento» e l'ossessione anticomunista, la Nuova Frontiera e il Watergate. E poi c'era il Vietnam, monumento all'incapacità di capire il mondo che si pretendeva di guidare. Nel Secolo americano, il meglio era inseparabile dal peggio. Poi tutto è cambiato e la Pax Americana si è dissolta, insieme al Muro di Berlino e all'equilibrio bipolare. Sono arrivati il crollo delle Torri gemelle, la guerra in Iraq e la crisi economica; e gli Stati Uniti hanno iniziato a ritirarsi dal palcoscenico internazionale e a «gestire» il proprio declino. Questo, per George Packer, è stato il Secolo americano, un mix di grandezza e arroganza, di innocenza e cecità. Un'epoca di contraddizioni profonde, che in Richard Holbrooke, diplomatico del dipartimento di Stato e ambasciatore presso le Nazioni Unite, ha trovato la sua espressione più emblematica. Brillante, egocentrico e sicuro di sé, per oltre quarant'anni vicino al potere ma sempre a un passo dall'esercitarlo concretamente, Holbrooke è stato l'artefice dell'unica vittoria della diplomazia americana nell'èra post-guerra fredda, i negoziati di Dayton che hanno sancito la fine della guerra nei Balcani. E ha tentato, oltre un decennio più tardi, di sanare le ferite dell'11 settembre portando la pace in Afghanistan. Un obiettivo, questo, che ha perseguito con ostinazione, arrivando forse a un soffio dal successo e, quindi, dalla grandezza degna dei libri di storia che disperatamente agognava. Figura tragica, shakespeariana, mossa da un'ambizione smodata, Holbrooke ha rappresentato il coraggio e la generosità, gli eccessi e la tracotanza dell'America. Con questo libro Packer ci consegna il ritratto nostalgico di un'élite che ha smarrito se stessa e di una nazione che ha rinunciato al proprio sogno.
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Dettagli

2020
28 gennaio 2020
628 p., ill. , Rilegato
9788804721727

Conosci l'autore

George Packer

1960, Santa Clara (California)

Nato in california, entrambi i genitori erano docenti universitari alla Stanford University, e tutta la famiglia è stata sempre molto impegnata politicamente. Laureatosi a Yale nel 1982, ha anche fatto parte dei Peace Corps in Togo. Giornalista e scrittore, ha cominciato la propria carriera occupandosi di politica estera per «Boston Review», «The Nation», «World Affairs», «Harper's», «The New York Times» e «The New Yorker», testata con la quale continuerà stabilmente a collaborare. È autore di, tra gli altri, The Assasins'Gate: America in Iraq, che ha ricevuto numerosi premi ed è stato definito uno dei dieci migliori libri del 2005 dal «New York Times Books Review». Nel 2014 esce...

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