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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2022
Anno edizione: 2022
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Lo straordinario e mostruoso ultimo volume della serie monumentale di Karl Ove Knausgård, La mia battaglia.
«Forse l'opera letteraria più significativa dei nostri tempi» - The Guardian
«È uscito l'ultimo volume del colossale memoir dell'autore norvegese, che in totale conta 4.145 pagine. Dentro c'è tutto: una mappa in scala uno a uno della sua vita, convinto che la sincerità corrisponda alla verità. Ma non è detto» - La Lettura
Knausgård descrive il periodo particolarmente turbolento antecedente la pubblicazione del primo volume de «La mia battaglia» che coinvolge sia la sua vita familiare sia la sua identità di scrittore. Durante la stesura del romanzo non aveva pensato né tenuto conto di come avrebbero reagito le persone coinvolte e descritte nel testo. Lo zio però si incaponisce e si prodiga per distruggerlo, accusandolo di mentire già nell'esposizione di fatti che secondo lui non sono mai esistiti. Il suo intervento costringe Karl Ove a togliere il nome del padre dal romanzo, dove può nominarlo ricorrendo unicamente alle parole "mio padre". A partire da questo, Knausgård comincia a meditare sull'importanza che il nome ha nell'identificare una persona reale e/o un personaggio, si sofferma su due poesie di Paul Celan scritte dopo la fine del nazismo e così dà inizio a una lunga riflessione sul Mein Kampf e sul nazismo, che Knausgård si sforza di leggere non come viene visto con gli occhi del "dopo", di chi sa che quelle parole si sono trasformate in un'ideologia dell'odio che si è materializzata in morte e distruzione, ma con gli occhi del momento storico, culturale, politico contingente alla sua stesura e di chi era Hitler allora, un giovane disilluso, artista mancato, dotato di un ego enorme, narcisista, che non amava essere contraddetto, ma che non era ancora l'incarnazione del male che sarebbe diventato in seguito. L'ultima parte del romanzo affronta la crisi familiare scatenata dalla malattia di Linda, che soffre di disturbo bipolare, e dalle sue reazioni nel momento in cui legge quello che il marito ha scritto di lei nei libri precedenti.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
La fine della battaglia di Knausgard. Un libro lunghissimo, con intermezzi a volte tediosi, ma nel complesso una buona lettura e una degna conclusione.
Sebbene ami il nuovo filone narrativo iniziato da Knausgard, in questo libro credo abbia tirato troppo la corda: troppo prolisso e ridondante in molte pagine (il blocco centrale del libro è in pratica un vero e proprio saggio -all'interno del romanzo- di svariate pagine, assolutamente eccessivo e fuori luogo). Splendida la scrittura e la sensibilità e l'intelligenza fuori dal comune del'autore che purtroppo si è fatto prendere troppo la mano in questo caso, eccedendo in egocentrismo e debolezza di trama. Un vero peccato. Sufficienza stentata.
Ultimo capitolo di una "lunga battaglia" combattuta a suon di ricordi, traumi non superati, cose non dette ed indicibili. L'obiettivo è duplice: vanesio ed esistenziale. Affermare sé stesso come scrittore ed individuo, escogitando qualcosa di originale. I modelli di riferimento, neanche troppo celati, sono Proust e Joyce. Questa volta il flusso di coscienza offre maggiori spunti, spaziando dall'arte alla politica, dalla religione alla letteratura. Ma se in Scandinavia l'opera risulta scandalosa, parlando di persone esistenti e riconoscibili, nel resto del mondo si rivela un esperimento riuscito per metà. Si ha l'impressione di aver letto una rappresentazione della vita, tra l'altro narcisista ed autoreferenziale, e non la vita stessa, come fa invece credere l'autore. Una fiction insomma e neanche delle più avvincenti. Molto interessante, invece, l'excursus su Hitler. Ci si immerge totalmente nella Vienna dei primi '900, con un punto di vista originale, prudente e oggettivo, affatto scontato. Parrebbe una parte aggiunta, un saggio nel romanzo, che, scritto con stile superbo, fa venire voglia di leggere altro dello stesso autore.
Recensioni
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