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Dopo aver letto il racconto di Douls mi sarebbe piaciuto imbarcarmi il girono stesso per Lanzarote e ripercorrere la via del Finto Musulmano. Douls mi ha riportato alla memoria l'impresa di René Caille, il primo occidentale a raggiungere per la prima volta Timbuctù; inutile dire che il racconto che ci propone Douls è altrettanto avvincente, corredato da splendide incisioni, che aiutano l'immaginazione a intravedere uno scorcio reale dell'avventura vissuta.La sua impresa,sebbene non altrettanto famosa ed eroica come quella di Caillè,che per altro Douls tentò di imitare con conseguenze tragiche pochi anni più tardi,merita di essere letta e ricordata come una delle più singolari dell'esplorazione sahariana.
Una domanda appare forse scontata dopo aver letto “Il finto musulmano”: Camille Douls era un pazzo, un avventuriero o un inguaribile curioso? L’appellativo di “pazzo”, nonostante l’estrema spericolatezza della sua impresa, di certo non gli si addice. Egli preparò con astuzia e meticolosità il suo viaggio (grazie alla conoscenza dell’arabo e dei costumi musulmani gli fu facile farsi passare per commerciante algerino), e il completamento dell’itinerario che nel 1887 lo portò dal Capo Garnet, poco al di sopra del Tropico del Cancro, su fino alle zone meridionali del Marocco, attraverso il Sous e l’Oued – Noun, depone a suo favore. Lo spirito di avventura certamente lo animò, al punto da spingerlo a tentare una prova definita disperata dai più. Chi gli fu a contatto prima dello sbarco in Africa cercò invano di dissuaderlo, convinto che il ventiduenne Douls andasse incontro ad una morte certa. Ma ciò che più di ogni altra cosa probabilmente suscita l’ammirazione del lettore, è la tenacia con la quale il nostro giovane viaggiatore vuole soddisfare la sua curiosità; la sua voglia “testarda” di emulare altri grandi sahariani come Caillè, Barth o Lyon che, prima di lui e come lui, contribuirono a fare dell’esplorazione del deserto un’esperienza unica da vivere, e da leggere. Sergio Scaglione
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