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Libro presentato da Filippo La Porta nell’ambito dei titoli proposti dagli Amici della domenica al Premio Strega 2023
Una lettura al contempo analitica e poetica, personale e universale, in cui ciascuno può ritrovare parte della propria esperienza e della propria vita di relazione, sociale, familiare, sentimentale.
«La nuda verità è che non sappiamo quasi niente di noi stessi, e ancora meno degli enigmi viventi che incrociano o condividono il nostro percorso: compresi coloro che ci sono più vicini, e che amiamo.»
Un legame rovente si trasforma in siderale indifferenza, i corpi non si parlano più, l'iniziale complicità diventa reciproco rancore. Otto movimenti, come un'opera musicale, ognuno con la sua tonalità e il suo tempo, per indagare le precise circostanze di una separazione, di un abbandono. Quasi otto "lezioni" per imparare, alla fine, l'arte di voltare pagina. Nel primo movimento, dimenticare anche le cose indimenticabili, gli attimi nei quali tutto era perfetto. Il terzo, dove si osserva che spesso è difficile capire chi lascia chi; in fondo le cose sono sempre più complicate di quello che sembrano. Il quarto: ineluttabilità e codeina, ma forse domani andrà meglio. Nel quinto, si può amare ed essere amati, poi arriva l'anestesia delle emozioni, lievita la nostalgia del tempo felice e si incista il risentimento. Nel sesto, le parole complottano e muovono tutto. Parole che danzano e infuriano, quelle dette e quelle non dette, quelle rabbiose che erodono la passione fino a farla finire nella polvere. Il settimo, l'ottavo...
Proposto da Filippo La Porta al Premio Strega 2023 con la seguente motivazione: «Quando finisce un amore non c’è mai un motivo, ci hanno mostrato – tra gli altri – Tolstoj e Cocciante. Nel romanzo/memoir Fisica delle separazioni in otto movimenti Giacomo Sartori descrive da un punto divista onestamente, drammaticamente maschile la fine di una relazione, che è sempre la fine di un tempo e di un mondo, di un paesaggio e di un pezzo di vita quotidiana, in otto affilati movimenti di una sonata da camera. Non è vero che viviamo nell’età della fine dei traumi: perfino nel digitale l’esistenza vive un continuo trauma quotidiano, una interminabile micro-tragedia ordinaria. Si comincia, come è giusto per un romanziere, dal dettaglio più insignificante, ossessivo, minuscolo, che però racchiude il macrocosmo: «Quando si è vissuti tanto tempo assieme ci sono moltissime cose da dimenticare. Bisogna dimenticare i piedi, con i loro vezzi da piedi timidi, ma anche fieri, e insomma struggenti». Si tratta di una “fisica” perché la letteratura è quella scienza singolare di tutto ciò di cui non si può avere scienza. Siamo fatti di una materia anzitutto verbale, anche i nostri sentimenti: «Siamo esseri dotati di parola, e nelle relazioni d’amore le parole hanno un ruolo primordiale, forse anche un po’ magico». Nel sesto movimento affiora la verità stessa della letteratura, che non è altro che mettere in un ordine le parole di cui siamo composti, siano esse magiche o banali: parole che odorano, che danzano, che nascondono, che desiderano, dalle quali siamo agiti. Non c’è altro: parole che si affollano e che sempre si sporgono quasi impotenti su tutto ciò che non è parola.»
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