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Una storia travolgente. Un libro che tiene il lettore incollato alle pagine tra il desiderio di scoprire come evolverà la trama e la voglia di non finirlo. Consigliato!
Non so cosa ci abbiano trovato in questo libro di così sublime ed eclatante milioni di lettori in tutto il mondo. Questo conferma un mio principio che ho da sempre applicato alle letture fatte, prima di iniziarle: il principio di non tener conto delle recensioni fatte da altri lettori e di leggere sempre a prescindere quello che mi interessa . In questo caso però ad un a trama indubbiamente interessante ha fatto seguito un romanzo mediocre, cupo, morboso, lento e faticoso da leggere ma certamente non gotico come viene impropriamente definito. La storia essenzialmente della discesa lenta nella depressione e nel tradimento più becero di una fedifraga della peggiore specie, moglie di uno degli psichiatri di un manicomio nell'Inghilterra del 1959. Inoltre il tanto conclamato colpo di scena finale era come si suol dire telefonato da almeno 100 pagine prima ed è assolutamente scontato (anche se non viene ammesso esplicitamente nemmeno nel finale). Temo che Il morbo di Haggard, che egualmente non mi aveva entusiasmato, sia addirittura superiore a questo follia. Insomma ho capito che Mcgrath, salvo smentite, non è nelle mie corde. Voglio leggere ora soltanto Marta Peake e Grottesco, che mi sembrano interessanti ma che leggerò senza nessuna aspettativa, dati i precedenti.
Credo che si possa collocare tra i romanzi psicologici. L intero romanzo di basa sull analisi della vita interiore della protagonista, analisi svolta dal punto di vista dello psichiatra che l ha in cura. Scrittura fluida, si legge velocemente. La figura più interessante a mio avviso è proprio quella dello psichiatra. Tutto sommato darei un 3.5/5. Premesse ottime, ma gli manca quel guizzo in più...
Recensioni
recensione di Viacava, A., L'Indice 1998, n. 9
Credo che il titolo originale sia meno generico di quello italiano, "Follia". ""Asylum"" significa istituzione chiusa, luogo protetto e insieme prigione: mi pare sia il clima di fondo che si respira in questo libro, e non solo perché la sede dove la storia ha inizio è un manicomio.
Viene qui descritta la vicenda mille volte narrata di una donna che usa la passione d'amore per sprofondare: a differenza che per Emma Bovary, però, la scelta dell'amante di Stella, la bella moglie di un brillante psichiatra, non è solo quella di un tarlo che erode il suo matrimonio-Asylum e la sua deludente vita; la sua è una esplicita scelta di morte. Lui, così eccitante, è lì per aver ucciso e fatto a pezzi la moglie in preda a un delirio di gelosia, e lei lo sa.
Metafora di una condizione in cui la componente oscura, distruttiva di sé non lascia scampo, Stella ha l'impressione di essere viva solo quando segue la sua vocazione mortifera; neppure l'essere madre, come per Emma, è sufficiente a mettere un freno all'incantesimo.
L'esordio vorticoso travolge il sonnolento tran tran quotidiano di una tranquilla famigliola che ha appena traslocato a seguito di un incarico, che si prospetta brillante, del marito. L'incontro, la curiosità, il turbamento, il ballo, l'eccitazione senza freni, la fuga dell'amante, la scoperta. E qui si chiarisce che il rapimento amoroso per il pazzo assassino non è stato che un tentativo di negoziazione con la morte che lei si porta dentro, non aiutata da un marito distratto dal lavoro, invischiato in un legame con una madre dilagante (di un padre non c'è traccia), mentre per lei non c'è famiglia alle spalle: è come una creatura sospesa nel vuoto, senza radici, senza legami, senza amici, senza. Non può che essere votata alla morte.
E come Emma morirà, non ad opera dell'assassino amante, ma del suo assassino interno.
Eppure quando Edgar, così si chiamava lui, era arrivato sul punto di ucciderla, Stella era fuggita, attivando quel minimo di risorse vitali di cui disponeva. Ma solo per imbattersi definitivamente nella sua disperazione fino ad assistere, incapace di un gesto per salvarlo, alla morte del figlio.
Ora finalmente verrà curata, ma da chi? Dall'io narrante, che si autodefinisce amico e si rivela invece, via via, un crudele osservatore-entomologo che infilza i suoi pazienti con gli spilli della sua curiosità indifferente.
Il marito di Emma è un medico che non vede e non sa curare la disperazione di chi gli sta accanto; qui marito e narratore-osservatore sono due psichiatri rinchiusi nella loro scienza che sembra più che altro una fortezza da cui sparare proiettivamente le proprie parti deboli malate matte sugli altri per sentirsene al sicuro.
Come dire che la scienza e la chimica da sole non possono salvare dal dominio della morte stabilito nell'assenza di consapevolezza, di cure, di amore, di sollecitudine."
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