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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2016
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173 p., f.to cm 22,5x14, copertina rigida con sovraccoperta. Nuovo 9788806227456.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Rosetta Loy sfoglia il suo album di ricordi, partendo dall’infanzia e proseguendo attraverso il Secondo conflitto mondiale e il dopoguerra, e narrandoci vicissitudini, speranze, dolori, amicizie, innamoramenti, vissuti in agiati ambienti altoborghesi e con anche frequentazioni aristocratiche. Si tratta di ricordi di gioventù nei quali è delineata la sua crescita, perciò l’impostazione non è particolarmente originale. Quello che lascia incollati alle pagine è l’utilizzo di un italiano ricco e smagliante, cosa che, con l’andar del tempo e con la tendenza alla banalizzazione linguistica, è diventata una qualità sempre più rara, e soltanto per questo il libro meriterebbe di essere letto.
Una interessante autobiografia, vibrante, piena di episodi, piena di personaggi. Colpisce la precisione con cui sono evocati i ricordi. Una vita vissuta sempre con partecipazione sia nei momenti belli che in quelli brutti.
Recensioni
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Avvicinandosi all’autobiografia di una scrittrice, è inevitabile cercare i segni, più o meno precoci, di quella vocazione. E in questa godibilissima storia di sé non si rimane delusi, anche se i riferimenti alla formazione letteraria sono appena accennati, con leggerezza, una cosa fra le tante, persistente però. Che la porta ad alcune, più o meno esplicite, ribellioni, come sarà in seguito per la scelta del marito. Comincia a scrivere racconti a quindici anni, e la sua unica lettrice di allora è Isabella, che “arriva direttamente dalla campagna e parlava un toscanaccio da bifolchi”, alla quale non piacciono né le feste né le smancerie; oltre alla comune passione per i romanzi americani, Jack London e Oliver Curwood, è il suo anticonformismo che attrae Rosetta, la sua diversità rispetto alle figlie e ai figli dell’alta borghesia romana. (…) Significative per la sua formazione alcune insegnanti della scuola religiosa: la giovane suora figlia di De Gasperi, che insegna latino e greco, e madre Raffaella, le cui “lezioni di italiano sono squarci nell’ovatta sfilacciata della mattina (…). Lei mi ha insegnato a usare le parole. A lei sono debitrice del mio amore per la scrittura”. E ancora la scoperta di Proust, La strada di Swann, letta nella traduzione fresca di stampa di Natalia Ginzburg, che la “risucchia in un vortice magico”.
(…) I luoghi: i quartieri della Roma bene; la casa di Mirabello Monferrato, dove la famiglia trascorre le estati; l’Alto Adige, gli alberghi di lusso e le camminate in montagna (con l’ordine di non sudare, però!); il sud Italia, povero e dalla natura selvaggia, meta del viaggio di nozze, in 600, con tanta gioia. E, al ritorno, il passaggio da una casa con otto bagni e dieci camere da letto a una con due camere.
Gli oggetti: fra tutti il ping-pong, che segna per lei un passaggio di vita dalla fanciullezza all’adolescenza. La “promiscuità scatenata”, “l’esaltazione della sfida quando vuoi vincere a tutti i costi, soprattutto se sei femmina contrapposta a un maschio”. “Quel ripiano verde (…) cancella da un giorno all’altro le ultime barchette a vela, i palloni di gomma legati a un filo pronti a perdersi in cielo, gli album colorati con le matite Giotto. Uccide le mie bamboline insieme ai loro drammi di passione e di addii”.
Il tempo: dalla metà degli anni trenta circa alla fine degli anni cinquanta, dai cinque anni, quando sfiora la morte, al primo parto, travagliatissimo (da notarsi l’attenzione al corpo, alle sue possibilità ma anche alla sua vulnerabilità, alle malattie), alla morte del padre, nel 1957. Un cambiamento di vita, per tutti.
La storia si conclude con un accenno al romanzo che sta nascendo nella mente della scrittrice. E noi, lettrici e lettori, di questa storia attendiamo il seguito.
Recensione di Luisa Ricaldone
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