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Anno edizione: 2016
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Per chi è incuriosito dal fenomeno letterario Elena Ferrante è utile per farsi un quadro generale su chi sia e quale sia il pensiero che sta dietro la scelta dell'autrice di restare totalmente anonima. Non solo, spiega, attraverso le varie interviste e lettere pubblicate sulle riviste letterarie, anche molti passaggi chiave dei suoi primi libri, dall'Amore molesto a I giorni dell'abbandono, passando per La figlia oscura...E, sebbene esclusa (é stata scritta successivamente) la famosa quadrilogia della Ferrante si affaccia silenziosamente anche tra le righe di questa raccolta. Chiaramente è utile (se non necessario) averli letti tutti i libri della Ferrante, altrimenti si rischia di perdersi tra rimandi e (citazioni) ai libri della stessa autrice.
Interessante approfondimento sui libri e la figura della Ferrante che non si può non amare !!
Un testo molto denso e articolato che permette di addentrarsi nella scrittura di questa autrice, talvolta in maniera quasi troppo pedante (i lunghi scambi con Martone per definire la sceneggiatura del film). Le interviste finali sono spesso ripetitive, forse si poteva tagliare qualche passaggio; interessanti comunque soprattutto per comprendere quale è stato il punto di vista della critica e del giornalismo internazionale sui romanzi della Ferrante. Personalmente ho trovato qua e là qualche spunto interessante sul processo creativo. E poi ancora le solite discussioni sul tema dell'anonimato/assenza (chi è davvero Elena Ferrante?), argomento che ha interessato fortemente l'Italia ma anche l'estero a quanto pare.
Recensioni
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Molte questioni sono state sollevate intorno al “fenomeno Ferrante”. Quella più interessante non è tanto la dibattuta querelle se un autore ?abbia diritto o meno all’anonimato, quanto quella legata all’interpretazione dei suoi ?testi. Se e quanto la conoscenza della vita ?di un autore in?cida sulla comprensione della sua opera?. Certo, può essere utile per storicizzare le opere di Ferrante conoscere alcune coordinate, ad esempio quelle spazio-temporali che collocano la nascita della scrittrice a Napoli intorno alla metà del XX secolo. (…)
La frantumaglia sembrerebbe essere l’unica opera a carattere autobiografico tra quelle pubblicate da Ferrante. In essa vengono affrontati i temi sentiti come più urgenti, in particolare la necessità di sottrarsi all’arena pubblica, l’universo femminile, il rapporto con la figura materna e con Napoli, il ruolo della scrittura. Questi, però, sono proprio i temi che ricorrono nelle sue opere di finzione (…). Il titolo stesso, La frantumaglia, rimanda a un’eterogeneità di frammenti dell’io e il suo carattere autobiografico testimonia al tempo stesso la necessità dell’autrice di ricomporsi nella propria unità. Se badiamo alla forma, invece, il termine “frantumaglia” può alludere all’eterogeneità dei contributi che compongono questo volume, dove troviamo per la più parte carteggi: con registi (Mario Martone e Roberto Faenza), scrittori (Goffredo Fofi e Nicola Lagioia), giornalisti italiani e stranieri, i due editori Sandra Ozzola e Sandro Ferri, i lettori. La forma privilegiata dei tasselli che compongono il mosaico della Frantumaglia è, dunque, il dialogo, dove i pensieri dell’uno contribuiscono a far nascere i pensieri dell’altro.
Possiamo pertanto dire che La frantumaglia descrive la maieutica dell’autrice, la sua ricerca, attraverso il confronto con l’alterità, della verità del proprio “io profondo” (…). La peculiarità davanti alla quale ci troviamo è lampante: Elena Ferrante si fa interprete dei suoi stessi romanzi, sviscerando i temi principali della sua poetica. Se letta in modo univoco come opera critica, però, La frantumaglia non contribuisce a una maggiore comprensione delle opere di finzione in quanto non aggiunge nulla di più di quanto già emerga dalla narrazione. La distanza necessaria tra Elena Ferrante e la materia dei romanzi è ridotta al minimo. Inoltre, la libertà autobiografica garantita dall’uso dello pseudonimo si traduce in una maggiore presenza di verità nelle sue opere. La loro forza, infatti, risiede in buona parte nella coincidenza tra il senso che esprimono e l’intenzione dell’autrice. Le parole contenute nelle interviste, perciò, poco aggiungono a quanto narrato altrove. (…).
Questo “libro che accompagna altri libri” non fa più solo da cornice, ma procede al loro fianco e trova il proprio spazio in mezzo a loro.
Recensione di Giulia Zagrebelsky
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