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Una vera chicca questo romanzo di Tomizza, al quale riesce uno dei più toccanti ritratti letterari femminili della seconda metà del novecento. La storia, ricostruita dall'autore sulla base del ritrovamento di alcune lettere, si svolge principalmente fra le due guerre ed è ambientata in quella terra contesa da più parti che fu Trieste e il Carso triestino. Franziska, umile e generosa ragazza slovena s'innamora di Nino, un ricco ufficiale italiano di stanza a Trieste. Mille sono le difficoltà che i due incontrano presso le rispettive famiglie e comunità nel perseguire il loro rapporto amoroso, che pertanto rimane piuttosto platonico. Mentre la ragazza nella sua generosità sarebbe disposta a qualsiasi cosa pur di sposare il suo amato, non altrettanto si può dire dell'egoista Nino che pur innamorato non riesce a vincere quelle resistenze sociali, politiche e familiari, che gli si oppongono e che, alla fin fine fanno di lui il classico borghese piccolo piccolo, come direbbe Vincenzo Cerami.
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In un momento particolare, il primo gennaio del Millenovecento, nasce una bambina che cresce e diventa donna in un mondo in trasformazione. I sentimenti e le esperienze di vita di una persona normale a cui il destino ha riservato momenti di eccezionalità.
Il primo gennaio 1900 nasce a San Daniele del Carso una bambina, Franciska, pronunciato nella zona Franziska. Vede la luce ufficialmente un po' in ritardo, un ritardo forzato perché ai nati nelle prime sei ore del secolo Ventesimo l'imperatore ha promesso il suo speciale padrinato, accompagnato da una donazione di mille corone: ovviamente un'occasione da non perdere.
La storia personale, privata, piccola, interseca in taluni punti quella pubblica, grande: l'assassinio dell'arciduca Ferdinando a Sarajevo, la guerra, la morte dell'imperatore («adesso vi sentirete un po' orfana, Franziska Jozefa...») sino alla ritirata dell'esercito imperialregio e l'arrivo delle truppe italiane anche a San Daniele. Nel sesto reggimento del genio militare addetto ai lavori ferroviari si nasconde l'amore, che arriva in paese col nome di Nino Ferrari, tenente di Cremona. Ma è solo un casuale incontro: Franziska e la sua famiglia, formata dal padre e dalla zia, si trasferiscono a Trieste, ancora in territorio austriaco, per scappare dall'invasione italiana, sebbene anche lì gli sloveni non siano visti di buon occhio. Franziska Skripac si scontra «con una città incattivita soprattutto dalla fame» in cui la rete degli slavi deve adattarsi alla lingua italiana e mascherarsi parlando poco e socializzando ancor meno. Pochi giorni dopo la morte della zia, grazie a una serie di conoscenze slovene, Franziska viene «assunta presso l'ufficio sanitario delle ferrovie austriache, a pochi metri da casa» e questo, dice l'autore, «fu il dono più cospicuo che le giunse dal suo grande padrino». Anche il tenente Ferrari, nel frattempo, è stato trasferito a Trieste, dove rivede la ragazza, che già l'aveva colpito nel loro primo incontro. Mentre cresce l'amore crescono anche le difficoltà di un rapporto tra persone di diversa etnia, di tradizioni lontane, appartenenti a popoli in guerra tra loro, che tentano di comunicare, senza riuscirci mai fino in fondo. Espressione di questi tormenti i brani degli epistolari e, in particolare, delle lettere inviate dal tenente a Franziska dall'ospedale in cui viene ricoverato per tisi, riportate nella terza parte: Le lettere.
Nel finale la triste e solitaria esistenza dei due, ormai divisi per sempre, si snoda tra episodi di normale quotidianità.
La scrittura di Tomizza, lucida, decisa, non si lascia mai trascinare nel vortice della compassione, non tratteggia Franziska come una vittima "romantica", né Nino come un fidanzato inaffidabile, ma descrive due personalità e le difficoltà che affrontano nel loro rapporto, semplicemente.
A cura di Wuz.it
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