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"Settembre! Entusiasmo degli inizi, gioia di un maglioncino serale, di rivedere gli amici in una bella cena in trattoria per liquidare questa faticosissima estate e immaginare l’autunno, prime illusorie pietre da posare, speranze da zappettare, sogni da concimare". Vi rendete conto? Questo è l'inizio di una recensione di Lodoli. No comment.
E' incredibile: questo autore riesce ad essere presuntuoso anche quando scrive delle banali recensioni. Cerca stolidamente di essere "autore" anche quando nessuno glielo chiede. Forse avrebbe bisogno di un bel bagno di modestia.
A chi ama Lodoli, a chi l'ha letto e l'ha ritrovato libro dopo libro e non cerca solo sterili recensioni: è il libro per voi.
Recensioni
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recensioni di Marangi, M. L'Indice del 2000, n. 05
Attenti alle apparenze: il libro non è la semplice antologia delle recensioni di una firma più o meno famosa. In questo caso non si tratta infatti di un critico, ma di uno "spettatore esigente" come recita la rubrica curata da Marco Lodoli sul "diario della settimana" e come lo stesso autore tiene a sottolineare nell'introduzione al volume: "come tanti spettatori semplici ma esigenti, accetto o rifiuto le opere solo riflettendo in me la loro luce: se mi aiutano ad accostarmi alla mia ombra e a rischiararla le ringrazio, altrimenti le poso".
Fuori dal cinema va quindi inteso innanzitutto in senso letterale, nel tentativo di riprodurre sulla carta i pensieri e i frammenti di emozione che si intrecciano appena usciti dalla sala cinematografica, in quella terra di mezzo tra il viaggio della visione appena concluso e il cammino che riporta all'abituale quotidianità. Non recensioni canoniche, non analisi critiche, ma spunti di riflessioni ondivaghe, collegamenti irrazionali,
in un flusso di pensieri a un tempo molto personale e stimolante, cui forse non è estranea la reminiscenza del Barthes di En sortant du cinéma, breve e folgorante saggio sulla forza del cinema in quanto ipnosi, illusione, evocazione di un'assenza.
Ma per Lodoli Fuori dal cinema significa anche chiamarsi fuori dagli specialismi e rivendicare il diritto alla contaminazione multidisciplinare. Insegnante e scrittore, l'autore utilizza spesso vicende di vita vissuta o riferimenti letterari per affrontare il film in esame, cui talvolta sono dedicate solo poche righe finali. Ma le lunghe premesse, le ampie divagazioni spesso si rivelano stimolanti inviti su sentieri interpretativi meno canonici per riflettere in altri modi sul film. Può così capitare che nella recensione di Amore e altre catastrofi si racconti la storia di Nevina e Fiordaprile di Guido Gozzano, che una frase di Nietzsche del 1888 spieghi lo spirito di Kids e che Lynch sia definito un Ovidio psicotico; oppure che la Scienza Nuova di Vico sia chiamata in causa per Quando eravamo re e che Men in Black debba fare i conti con la poesia di Leopardi Ad Angelo Mai. I puristi corporativi e gli enciclopedici snob storcono il naso, ma il fascino del cinema risiede anche nella sua sfuggevolezza, nell'impossibilità di trovare un'interpretazione oggettiva e univoca.
Se siete curiosi e non cercate risposte ma stimoli, avvicinatevi senza esitazioni e confrontate le vostre sensazioni, i vostri ricordi con quelli dell'autore, che propone cento film scelti nell'arco di circa tre anni, da Trainspotting a Tre storie (sarà casuale che si tratti di due film che ribaltano il discorso sulla tossicodipendenza, facendoci riflettere sulle dipendenze della falsa normalità quotidiana?). Per uscire fuori dal cinema ed "entrare dentro alla vita, a quel grumo di pensieri ossessioni debolezze e speranze che ogni giorno - comprese le immagini dei film e le parole dei libri - proviamo a depurare affinché un barlume di verità possa traversarlo d'improvviso, come un raggio di sole anche nell'inverno più piovoso traversa la finestra e penetra nella stanza per parlarci di un mondo più aperto, di una stagione più chiara".
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