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Ci sono titoli che rivelano troppo e titoli d’impatto, scritti da un editore in cerca di vendite facili. Furnitecture corre il rischio, ma in realtà sfogliarlo non è per nulla tempo perso: i brevi saggi che accompagnano le sezioni non esauriscono i propri contenuti nel sottotitolo – arredi che trasformano lo spazio – anzi, fanno molto di più.
Potrebbe essere eccessivo scrivere che Anna Yudina gioca a decostruire le gerarchia che vede l’architettura dominare sull’arredo, ma non è sbagliato sostenere che stia almeno provando a rimettere le cose in equilibrio, esplorando la linea di confine tra i due tipi di progettazione: interni e esterni. E lo fa bene, esempio dopo esempio, sezione dopo sezione – dalla semplice modularità alle stanze nelle stanze, dagli inquietanti uffici pieghevoli alle affascinanti scaffalature architettoniche.
La storia raccontata da Yudina inizia dalle prime gloriose decadi di inizio Novecento, gli anni di Le Corbusier, in cui la traccia di questo confine era giorno dopo giorno più leggera, meno visibile. E forse ha Yudina ragione quando suggerisce che la teorizzazione del periodo ha ridotto il confine a una linea, disegnata di volta in volta dal singolo artista.
E forse, si potrebbe aggiungere, è proprio l’interior design che, in cerca di un’identità e di un’emancipazione, in epoca di iper-specializzazione, ha tracciato un confine più profondo. Ma questo non è scritto.
In ogni caso è un dato di fatto che il “pensiero arredo-architettonico” (furnitectural thinking) può riunire, come sottolinea l’autrice, molti innovatori che hanno proposto idee che percorrono largamente i tempi.
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