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Intrigante, ricco e coinvolgente. Un buon inizio l’entrata in scena, nel mondo della letteratura gialla, del vice questore di Milano Andrea De Curtis. Stando a come Arianna Destito Maffei ha costruito il romanzo, tutto lascia pensare e sperare che ci sarà un prosieguo, che la relazione tra Andrea e alcuni protagonisti avrà uno sviluppo. Il tratteggio di Andrea lascia intravvedere un carattere spinoso, solitario ma stemperato da una sottile ironia che arriva improvvisa a salvare situazioni di lavoro elettriche. C’è spazio anche per intuire delle sue fragilità e questioni irrisolte; tutti elementi che ci fanno appassionare ad Andrea e accendono la voglia di saperne di più. I suoi compagni di avventura, con i loro diversi ruoli, legano e armonizzano con grande fluidità i passaggi dedicati all’indagine con i momenti puramente introspettivi. Per ciascuno di loro, l’autrice è riuscita molto bene a fissare dei punti di confine tra il loro presente e il passato. È un confine aperto che permette di entrare e uscire da una dimensione all’altra creando nuovi presupposti per articolare e sviluppare le relazioni. Allo stesso tempo, questa trama di relazioni in divenire, diventa anche la solida base su cui poggia il tema centrale del libro. Qui il tema è ambizioso senza avere la pretesa di diventare pedagogico. Siamo nel mondo dell’arte, del collezionismo; un mondo che sembra inattaccabile da tutto ciò che non è bellezza e armonia, ma che in realtà può ospitare i germi della corruzione e del male. Il senso di tutto ciò che accade nel romanzo si specchia dentro la realtà complessa del “palazzo mondo”, una costruzione esistente a Milano, in viale Bligny, appunto. Un microcosmo dove si incrociano gli opposti di qualunque genere, dalle persone che vi abitano ai traffici che vi si svolgono, dove i confini tra lecito e illecito, bene e male, armonia e dissonanza sono labili e insegnano che nulla deve essere dato per scontato.
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