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L'autore di questo volume è un religioso, stimato psicologo e teologo, docente in diverse università italiane e straniere. La sua riflessione sul pettegolezzo come "tic psicosociale", sulla sua funzione di coesione comunitaria, sulle sue motivazioni psicologiche e caratteriali, sulle cause scatenanti da cui prende avvio, e sugli effetti spesso devastanti che produce nell'ambiente in cui agisce, non si caratterizza solo scientificamente (basandosi cioè su eccellenti documentazioni bibliografiche, ricerche mediche, collaudati test di laboratorio, questionari, inchieste), ma si avvale di una sorta di messinscena narrativa innestata sulla sua (si suppone sofferta) esperienza personale. Quindi nel testo sono frequenti, e un po' fastidiosi, gli inserimenti ammiccanti alla sua vicenda esistenziale, che evidenziano talvolta supponenza, falsa umiltà e sottili rancori: "Credo di sì, ma non perché ...lo dico io", "Chi mi conosce, sa bene che non sto mentendo", "Ora sia chiaro, non intendo dirimere la questione", "Vi ho annoiato, vero? Me ne rendo conto". Guarinelli sceglie come sfondo alla sua narrazione il minuscolo paesino dove vive, Ponna, sulle montagne del comasco: dei suoi non troppo illuminati abitanti (la Novi, il Guido, il Claudio, la Rosa... solertissimi nello spiare, nell'inventare, nell'infiorare, nel condannare, nel distruggere la reputazione degli altri) fa le cavie inconsapevoli ma assolutamente inscusabili della sua indagine psicologica. Chi è il pettegolo, perché chiacchiera e calunnia, in che modo il pettegolezzo si autopropaga, con quale fine, qual è la sua necessità sociale: considerazioni stimolanti sul controllo, l'autodifesa e la terapia conservativa del gruppo, sull'esclusione del "diverso", sul bisogno di compensazione (affettivo, sessuale, culturale, professionale) del pettegolo frustrato. L'autore giustamente non dimentica tra i diffusori di malignità e panzane preti, suore, parrocchie. (E magari qualche cardinale o monaco mediatico?)
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