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Terribilmente triste. Anche Vita non è allegro, ma questo è veramente cupo
Il libro mi è piaciuto moltissimo, come tutti quelli precedentemente letti della Mazzucco. Adoro la qualità della sua scrittura, bravissima, e poi quelle storie che sembrano così vere.
Solo una parola per descriverlo: BELLISSIMO.
Recensioni
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“Nel buio lo aspettavano il tredici maggio, lo spettro venuto dal passato, Tecla Molinari, Montecitorio o la sconfitta. E la sconfitta portava con sé l’agghiacciante indifferenza del potere, l’ignominia, il disonore, forse persino lo scalino romano – la galera.”
Ventiquattro ore scandite capitolo dopo capitolo; una grande città, Roma, le sue case eleganti e quelle della periferia, i mezzi pubblici affollati, le auto in coda, e il silenzio della notte, le strade vuote; la ricca umanità che vive ai Parioli, frequenta le scuole private, e si muove per obiettivi e interessi precisi; le donne e gli uomini che si arrabattano per trovare un lavoro, per conservarlo, per sopravvivere, sempre in bilico tra disperazione e umiliazione: se osserviamo, in un qualsiasi giorno dell’anno, la vita di un ristretto gruppo di persone prese a caso, tra loro in qualche modo collegate, possiamo avere la fotografia di una umanità comunque sofferente e sconfitta, talvolta di una tragedia, comunque di una difficoltà del vivere diffusa e forse incurabile.
E questa fotografia la propone, con sensibilità e rigore straordinario, Melania Mazzucco in un intenso romanzo che, riprendendo una famosa canzone di Lou Reed, parla di “un giorno perfetto”, perfetto nel suo essere “esemplare”: alcune persone vengono osservate, ora dopo ora, nel loro vivere e nel loro relazionarsi, tutto è normale ed eccezionale nello stesso tempo, così come lo potrebbe essere anche per altri milioni di uomini e donne.
Il romanzo si apre con l’irruzione della polizia in un appartamento: si sono sentiti degli spari, è di certo successo qualcosa di molto grave. Per capire come si sia arrivati a quel momento cruciale (gli spari, il silenzio, la polizia, l’irruzione in quella casa) si ripercorrono, in un martellante flash back, le ventiquattro ore precedenti.
Ecco brevemente i personaggi. Un politico in difficoltà, Elio, sempre abile nell’ingannare tra sogni e promesse chi lo sta ad ascoltare, ma ormai completamente “scaricato” da chi gli aveva dato potere; la sua giovane seconda moglie, Maja, raffinata e infelice, imbarazzata dal suo stesso perbenismo ipocrita, tentata dalla fuga e dalla possibilità di riprendersi la propria libertà, ma soffocata dal ruolo.
Elio ha anche due figli, uno per matrimonio: il maggiore, che si fa chiamare Zero, è un ribelle, un antagonista al sistema, che si pone l’obiettivo di essere sempre l’opposto del padre, ma è innamorato della sua stessa donna.
Camilla, la figlia avuta con Maja, ha solo sette anni, anzi quello qui scandito, ora dopo ora, è proprio il giorno del suo compleanno. È una bambina attenta, sensibile, matura, acuta osservatrice del complesso mondo che la circonda, è proprio lei ad insistere perché sia invitato alla sua festa di compleanno Kevin, il figlio del poliziotto che fa da scorta al padre.
Si apre così una finestra sull’altro nucleo familiare, vero protagonista del romanzo. Emma e Antonio si sono separati, la donna, non potendosi permettere un appartamento in affitto, vive da sua madre con i figli, Valentina la maggiore, ormai un’adolescente e Kevin, sette anni, coetaneo e compagno di scuola di Camilla. Antonio non accetta l’allontanamento della famiglia, passa le notti davanti alla casa della suocera per spiare i movimenti della ex moglie, una donna ancora bella, dalla forte sensualità, totalmente impegnata nella cura dei figli e nella ricerca di uno stipendio che le permetta di mantenerli, stanca e affaticata, ma ancora piena di vitalità e di una ingenuità che commuove e nello stesso tempo irrita la figlia..
Ogni singolo gesto di ognuno dei personaggi determina inconsapevolmente il percorso della storia anche degli altri: tutto potrebbe essere diverso se solo ci fosse uno scarto, una deviazione.
Così per passare dalla normalità alla tragedia, dalla tranquillità economica alla povertà, dalla serenità affettiva alla solitudine, dal successo pubblico all’indifferenza basta un niente: siamo davvero tutti precari e sospesi.
Eppure alcuni pregiudizi antichi continuano a condizionare la nostra evoluta e fragile società: un bambino deve essere ben vestito per ottenere l’ingresso nel mondo dei ricchi, ed è normale che le suore della scuola privata guardino in modo diverso la figlia del potente e quello del poveraccio.
La Mazzucco ci presenta così un’Italia un po’ meschina, molto contraddittoria, potenzialmente violenta, e rappresenta una realtà familiare in forte difficoltà, incapace di gestire sentimenti, emozioni e sconfitte.
A cura di Wuz.it
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