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La signorina N.N. sta per compiere ventinove anni.A suo tempo fuggita da un borgo natìo della più profonda provincia marchigiana, l'eredità pelosa di uno zio antipatico l'ha chiamata a rivisitare le proprie odiosamate radici.Riparata in un albergo fatiscente, la signorina N.N. è invasa da immagini che credeva dimenticate."Circa dodici anni prima, al tempo dell'Oceanic, una discoteca per ragazzi che oggi è un magazzino di scarpe, nel mite cuore d'una notte rockettina", aveva vissuto un innamoramento ostinato quanto irrealistico.Un certo rocker francese, posatole addosso uno sguardo sfavillante, si era lanciato con lei in discesa su un carrello della Coop, finendo dentro una vetrina. "Nei suoi occhi c'era un'espressione entusiasta e supplichevole, e sui suoi folti capelli luccicavano dei minuscoli frammenti di vetrata esplosa che pure - Signore Iddio - parevano osservarla amorosamente...". Quel luccichio non si accenderà più: e presto lui sparirà. Resta il cuore, "sfracellatino" insieme alla vetrina: tanto più intenso, il ricordo, quanto meno a quella notte di cristallina perfezione attimale era seguito. Il racconto della signorina N.N. di Cˇechov, come denunciato dal risvolto di copertina, è la fonte di questo nuovo (o forse primo) romanzo di Silvia Ballestra - dopo la "saga anglopescarese" che, ventenne, la fece scoprire da Pier Vittorio Tondelli, e che ora è raccolta nel Disastro degli Antò (Baldini & Castoldi,1997), e dopo Gli orsi, libro tra i più intensi della nostra narrativa recente, uscito da Feltrinelli nel 1994.A Gli orsi è seguito un severo percorso di formazione, che ha avuto come tappe "pubbliche" l'intervista con Joyce Lussu e la traduzione di Scrivere Bop di Kerouac, ma che - come in una pagina degli Orsi, con la narratrice atterrata da un'edizione a 3900 lire di Opere del proprio più illustre corregionale - è passato anche per letture "inesauste" - direbbe lei -, cioè per una matta e disperatissima ricerca di sé.Anche in Cˇechov, un istante al quale non si è saputo dare un seguito perseguita una giovane che si ritrova alla fine sola davanti a un camino spento.Resta l'attimo perfetto della dichiarazione d'amore di un allegro giovane spiantato: nel ricordo, le gocce di pioggia impigliate nei peli della sua barba riflettono all'infinito una luccicanza perduta. È quella che Ballestra chiama risonanza: qualcosa di "elettrizzante" che, condensato sui minimi frammenti di quell'istante (il berretto di peluche che il cantante le ha tolto dal capo e ha accarezzato teneramente...), ora, si riverbera su tutto quanto, strato di vernice scintillante di luci nelle tenebre: il mare è una brillante "pellicola di cellofan", sotto un freddo sole primaverile "che indora l'acqua di brillantini". C'è qualcosa di magico, alla lettera, in questo modo di percepire il mondo. È almeno dagli Orsi che Ballestra lo chiama "mesmerismo" (rammentando certi esperimenti sul "magnetismo animale", ricordati anche da Poe): astrazione dalle circostanze e percezione extrasensoriale della luccicanza degli oggetti (gli innamorati, la famosa notte all'Oceanic, sono detti appunto "mesmerizzati"). Non a caso si è usato il termine "luccicanza", traduzione italiana dello Shining di Kubrick (ricordato da Ballestra anche in un esergo).Le vicende della signorina N.N., infatti, hanno anche un risvolto oscuro.Signor Tenebra, lei chiama il rocker francese sempre in fuga da non si sa bene cosa; e, nell'albergo abbandonato nel quale esercita i suoi riti mnestici, dialoga con Jack Torrance, lo scrittore fallito dell'Overlook Hotel, l'albergo fuori stagione di Shining. Quello che impedisce alla "storia d'amore" di Ballestra di approdare a lidi sentimentali nel senso peggiore - oltre al continuo controcanto ironico, alla virgolettatura che incornicia ogni frase, secondo la grande lezione di Arbasino -, è la condizione postuma, vagamente esorcistica, di chi narra.È da un presente insoddisfacente, infatti, che luccicano, irrecuperabili nella distanza, quegli attimi.Sulla tappezzeria scrostata della camera d'albergo (come anche in Barton Fink dei fratelli Coen), la fotografia della felicità possibile che ci siamo lasciati sfuggire tinge la parete intorno - e poi tutto il resto, a onde sempre più ampie - di un colore tenebroso, quasi sanguinoso: cinerario ma anche di livida intensità.Il passato è narrato nella prospettiva desolata del presente, e il "presente" di allora in quella deludente di un futuro già avvenuto: le palpebre si restringono sulla rètina, proprio come un diaframma fotografico, già sapendo che l'immagine che inquadrano continuerà a essere sviluppata per tutta la vita.Il romanzo di Ballestra (frammentario e ineguale come può essere un romanzo di oggi, certo) si basa allora su un continuo fort-da tra immagini del passato e del presente, in un fitto reticolo di flashback (a loro volta virgolettati: "E poi? Cosa accadde poi?"). Solo verso la fine, forse preda della stanchezza, la scrittura torna a una comicità "giovanile", sempre efficace ma in questo contesto - direbbe Ballestra - "citofonata da Marte", cioè scontata e al tempo stesso improbabile. Poche narrazioni come questa, però, ci restituiscono un senso di delusione, personale ma anche generazionale - che forse solo Ballestra poteva interpretare. Se una volta si poteva dire che a trent'anni la vita è un vento che si posa, oggi troppe adolescenze, oscenamente protratte, si stiracchiano sino alle soglie dell'età pensionabile.Ballestra invece, in qualche mesmerico modo, ha vissuto dei vent'anni umorosamente picareschi; e oggi, appunto sulla soglia dei trenta, cerca strade nuove.Pressoché unica nella nostra narrativa, la sua scrittura è dunque narrazione, ma al tempo stesso anche performance, di una maturazione dolorosa quanto entusiasmante: "l'insieme di tali supremi pettegolezzi è, per prima cosa, un fragoroso addio a tutte le puttanate dell'estrema giovinezza, ma non un funerale, cavoli, bensì una festa di liberazione!". La speranza è che Ballestra non resti, come la signorina N.N., senza nemmeno un ricordo palpabile del Signor Tenebra.Che la vita non sfumi via senza lasciare neppure un soffice colbacco di peluche da accarezzare.
recensioni di Cortellessa, A. L'Indice del 1999, n. 01
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