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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2010
«Quello che ho visto avrebbe fatto impazzire lei; ma ha reso me ancora più lucida, mi ha fatto vedere molte altre cose.»
Ispirato da una storia di fantasmi narrata allo scrittore dall'arcivescovo di Canterbury Edward White Benson, Giro di vite racconta la vicenda di due bambini affidati alla servitù di una vecchia villa di campagna dove avvengono sconcertanti apparizioni. L'atmosfera di un Male incombente è resa ancor più intollerabile dall'ambientazione quasi pastorale e dal senso di pace e luminosità che questa sembra irradiare tutt'intorno. Il terrore che scaturisce da tale contrasto è di natura psicologica, nasce dalla mente del narratore più che dalla descrizione dei fatti: un sottile e modernissimo espediente che rivoluziona la tradizione del romanzo gotico e anticipa la sperimentazione letteraria del Novecento.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Mi dispiace doverlo ammettere, ma ho provato molta noia nel leggere questo breve racconto e attribuisco ciò a due fattori principali. Innanzitutto, trattandosi di un racconto gotico pubblicato per la prima volta nel 1898, ha una capacità di suscitare un'intensa emozione e una totale partecipazione (pathos) davvero molto scarsa in un uomo del XXI secolo: in parole povere, è invecchiato male. In secondo luogo, da esso sono state tratte davvero così tante pellicole cinematografiche ("Suspense" del 1961, "Improvvisamente un uomo nella notte" del 1972, "Presenze" del 1992, "The Others" del 2001, ecc.) che la sua trama mi era piuttosto nota: in pratica, la visione dei film mi hanno tolto il gusto della lettura. Tornando all'opera, essa ha suscitato in me una riflessione: lo scrittore H. James (1843-1916), ateo e ribelle ad ogni religione rivelata, finisce comunque per restare affascinato (come tanti suoi coetanei) dall'ondata di spiritismo e occultismo che si diffonde a cavallo tra fine ottocento e inizi novecento, in tutto l'Occidente. Appare ancora una volta questa contraddizione tipica di quel periodo positivista: il rifiuto della religione (soprattutto cristiana e cattolica), spesso accusata di superstizione, e l'infatuazione per medium e tavolini che permea tanti ambienti intellettuali e razionalisti. Credo che Gilbert Keith Chesterton avesse proprio ragione quando affermava che "chi smette di credere in Dio non è vero che non crede in niente perché comincia a credere a tutto".
Pur non avendo una trama chissà quanto complicata questo racconto lungo o romanzo breve, che dir si voglia, riesce ad incollare alle pagine il lettore. Una storia banale, quella di un'istitutrice alle prime armi che viene ingaggiata per insegnare a due bambini rimasti orfani e che vivono in una grande casa della campagna inglese. Quello che lascia senza respiro è l'atmosfera che l'autore crea sulla base di cose non dette, ipotizzate, credute, incerte. Il lettore inizia, così a farsi tutti i suoi film mentali e a ipotizzare quale potrebbe essere la fine di questa storia, ma non ci si riesce! Un racconto breve ma intenso, è proprio il caso di dirlo. Uno stile scorrevole che fa del flusso di coscienza un intermezzo a conversazioni che non si sa se siano reali o meno. Personaggi che ci sono ma fluttuanti è quasi invisibili che vi faranno girare per avere conferma che ci siate voi è un ambiente familiare in cui leggere.
Uno dei racconti più inquietanti che mi sia mai capitato di leggere, e non per la presenza dei fantasmi: questo romanzo è un vero e proprio thriller psicologico. Ho trovato diversi passaggi poco chiari, ci sono troppi dialoghi lasciati in sospeso tra l'istitutrice e la signora Grose, non so se è un effetto voluto dall'autore per lasciarci con la suspence o se si dia per scontato che chi legge capisca i riferimenti e arrivi da solo alla giusta conclusione. Assolutamente consigliato.
Recensioni
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