I registri prodotti dai chierici-notai del tribunale del vescovo di Asti tra la metà del Duecento e i primi decenni del Trecento mettono in viva luce il ruolo economico e politico della chiesa nella società locale. Assieme all'analisi molto precisa e tecnica dei procedimenti giudiziari, dell'azione dei notai e delle transazioni, uno dei grandi meriti dell'autore è senza dubbio di aver studiato questi registri collegando le modalità della giustizia vescovile all'economia del capitolo cattedrale, a quella dei laici e alla vita politica della città che si rivela tramite la sociologia dei gruppi che ricorrono al tribunale del vescovo. Ne risulta un quadro complessivo molto chiaro e convincente non solo della società astesana, delle pratiche economiche e delle lotte politiche cittadine, ma anche dell'intervento diretto e indiretto della chiesa locale nell'organizzazione e nello svolgimento della prassi economica e politica. In dieci capitoli ben articolati, partendo dall'analisi della produzione documentaria ‒ indagata non solo come fonte di dati, ma innanzitutto come "risultato di una prassi, di un comportamento, di una strategia" (Attilio Bartoli Langeli), e quasi come specchio di un'ideologia e soffermandosi sul carattere sperimentale ed evolutivo delle strutture della burocrazia vescovile prima del Trecento maturo, come dimostrato dai lavori di Gian Giacomo Fissore, si arriva alla ridefinizione dei rapporti tra chiesa e comune e all'intensificarsi dei legami con la pars guelfa alla vigilia dei conflitti civili e della dedizione definitiva di Asti agli Angiò. Attorno e a capo a questa burocrazia si concentrano giurisperiti, notai ed esperti del credito e della finanza. Le loro competenze amministrative e giuridiche si esprimono innanzitutto, ma non solo, nel campo della gestione dei patrimoni ecclesiastici, delle prebende e dei benefici sui quali si fonda il potere della chiesa. Gli scambi e le trattative che si creano attorno a questi patrimoni sono però i mezzi pratici per costruire e mantenere i legami tra l'istituzione ecclesiale e i suoi alleati politici, condizionando l'azione del governo di popolo e delle partes. L'influenza dei giuristi e degli amministratori ecclesiastici non si fermano all'economia della chiesa. Tramite l'azione diretta dei chierici sul mercato, la chiesa genera circuiti creditizi connessi alle rendite beneficiarie e alla sua economia interna che, quindi, non appare affatto dissociata dagli scambi tra i laici. Anzi, i chierici-notai, che si muovevano tra la corte del vicario e il mondo degli affari e degli scambi quotidiani, intervenivano nella definizione dei rapporti creditizi producendo gli strumenti utili a stabilire le obbligazioni e a trasformare un prestito difficilmente esigibile o dubbio in un'obbligazione legale che poteva circolare sul mercato. In questo modo, in una società in cui qualsiasi scambio, qualsiasi rapporto di dare-avere prendeva la forma di un contratto creditizio, la chiesa controllava e orientava la prassi creditizia e il funzionamento del mercato dei titoli di credito. In questo contesto, l'usura è una pratica molto elastica che dipende dai casi e dalle situazioni, più che tecnicamente contrattuali e creditizie, sociali e politiche sottomesse al giudizio del tribunale del vescovo dal momento in cui esso ridefiniva il rapporto di scambio oggetto di conflitto e denunciato dal debitore. Tramite il riassetto dei crediti di soluzione incerta, il tribunale del vescovo valutava e determinava la validità degli scambi e il credito degli attori del mercato. Le numerose confessioni di usure e di male ablata non sono il frutto di una "moralizzazione" degli scambi bensì un processo di certificazione e di validazione da parte della chiesa di articolate reti creditizie. La lotta all'usura appare quindi uno degli strumenti utili a modellare i rapporti economici e gli scambi all'interno della società locale. L'azione del tribunale rivela la volontà comune ai vari operatori del credito e alla chiesa di mantenere la circolazione finanziaria e le reti creditizi che la permettono. Il ruolo concreto dei giurisperiti e degli amministratori ecclesiastici nel funzionamento degli scambi e del mercato del credito è chiaramente messo in luce tramite il caso astesano e la storiografia dell'economia medievale potrà ormai difficilmente negare il peso del diritto e della chiesa nello svolgimento della prassi economica. La chiesa non è un attore esterno al mercato e all'economia, che interviene da fuori, ma agisce proprio dall'interno sui mercati ai quali partecipa. Il libro di Ezio Claudio Pia si chiude con la netta impressione di "un'osmosi tra gli organismi ecclesiastici (
) e ampi circuiti finanziari" che determina la configurazione dei mercati del credito ed è intrinseca agli equilibri della vita politica locale. Questa conclusione conferisce al volume un grande pregio scientifico, innovando rispetto a una storiografia ancora poco atta ad analizzare i rapporti tra economia, religione e politica se non in chiave di moralizzazione ecclesiastica poco efficace delle pratiche speculative dei laici. Clément Lenoble
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