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recensione di Guglielmotti, P., L'Indice 1994, n. 3
Anche in Italia l'editoria specialistica comincia adesso a recepire le tesi di dottorato, che costituiscono di norma una letteratura ben riconoscibile. Nel caso della storia i lavori finora pubblicati sono solidi prodotti di scuola, che poggiano su una sostanziosa raccolta di materiale e sono per lo più molto misurati nel proporre nuovi temi di indagine (e questa è talora una differenza rispetto da altri paesi, in cui è più premiata l'innovazione). Appartiene senz'altro alla fascia alta di queste pubblicazioni la ricerca di Viggiano, uscita nella nuova collana di studi veneti diretta da Gaetano Cozzi e Gherardo Ortalli. Il tema è quello classico e vastissimo della formazione dello stato territoriale, in cui Venezia si cimenta nel Quattrocento e nei primi decenni del Cinquecento, ma il processo è osservato da una particolare angolatura: l'attività di alcune istituzioni cioè Avogaria di Comun, Auditori nuovi e Consiglio dei Dieci, che svolgono un ruolo fondamentale nel disegnare alcuni caratteri originali della politica giurisdizionale della Serenissima. Pregio del lavoro è mostrare uno sviluppo non lineare e soprattutto la ricchezza di interazioni tra un alto numero di soggetti politici con differenti prerogative e i "governanti", i membri dei tre organismi costituzionali cui compete il collegamento con gli abitanti della Terraferma e che si mantengono a lungo fedeli a un ideale di tutela della legalità e difesa della libertà. È infatti questo il nucleo ideologico attorno a cui si costruisce e si legittima inizialmente l'autorità della Repubblica di San Marco; l'autorità che nella premessa Pierangelo Schiera riconosce essere il dato più forte, il tratto distintivo di una peculiare sintesi di potere. Viggiano sembra essere in maggiore sintonia con la fase iniziale e più fluida di questo processo, quando i tre magistrati dell'Avogaria di Comun, dotati di gran prestigio perché capaci "di tradurre nella prassi quell'esigenza di equitas con cui il patriziato veneziano si proponeva al proprio interno come corpo di uguali di fronte alla legge", rivelano ricettività ed elasticità particolari nelle loro molteplici attribuzioni; ricostruiscono difficili equilibri, garantiscono il rispetto delle procedure, risolvono i conflitti nati dall'applicazione di giurisdizioni diverse, tutelano i privilegi accordati da Venezia ai piccoli centri che così stringono un più diretto legame con i "governanti", a scapito dei corpi intermedi. Il progressivo depotenziamento di questa magistratura ha luogo nel corso del Quattrocento per le concorrenze e le interferenze esercitate dalle altre due istituzioni e per la necessità, avvertita diffusamente a metà secolo durante le guerre con gli altri stati territoriali, di un irrobustimento del momento autoritativo, che trova espressione nell'allargamento delle facoltà giurisdizionali del Consiglio dei Dieci e nella perdita di coesione del ceto nobiliare veneziano. La larga nozione di istituzione adottata da Viggiano consente non di rado anche la considerazione di aspetti che arricchiscono il quadro generale: l'abbondante esemplificazione restituisce il profilo e le scelte di alcuni ufficiali e mostra laddove possibile l'elaborazione di un cerimoniale politico.
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