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Impeccabile ritratto di un'epoca, quella dei ruggenti anni Venti, dove tra luci sfavillanti e sfarzosi party si cela una spietata oscurità, e dove il mito americano si sgretola pagina dopo pagina, Il grande Gatsby viene offerto in questa edizione nella nuova traduzione a cura di Alessandro Fabrizi, una traduzione che permette di comprendere il senso profondo di un'epoca sintetizzata in una cifra linguistica originale e incisiva: la prerogativa di un classico.
«Il primo passo avanti per la narrativa americana dai tempi di Henry James» – T.S. Eliot
Nella primavera del 1922 il giovane Nick Carraway si trasferisce a West Egg, sulla Gold Coast di Long Island, per imparare il mestiere dell'agente di Borsa. Per ottanta dollari al mese affitta una villetta di cartone logorato dalle intemperie a soli cinquanta passi dal mare, strizzata fra due enormi dimore. Quella a destra è una magione mastodontica da ogni punto di vista, con una torretta da un lato, una piscina in marmo e più di quaranta acri di prato e giardino. È la villa del misterioso Jay Gatsby, un gentiluomo su cui si vociferano le cose più assurde – si pensa che abbia ucciso un uomo, che durante la guerra fosse una spia tedesca, che si arricchisca con il contrabbando –, famoso in tutta la baia per le sfarzose e stravaganti feste che organizza nella sua dimora. Affascinato dalla enigmatica personalità del suo vicino, Nick si avvicina a Gatsby, un uomo che si tiene a curiosa distanza da tutto ciò che sfoggia: offre lo champagne in coppe più grandi delle ciotole che si usano per sciacquarsi le dita, senza berne nemmeno una goccia; possiede camicie che non ha mai indossato, libri che non ha mai letto, ed estende inviti a fare il bagno in una piscina dove non si è mai tuffato. L'unica cosa che sembra attrarre e ossessionare Gatsby è la luce verde che brilla dall'altra parte della baia, dove sorgono i bianchi palazzi della modaiola East Egg, e dove vivono i Buchanan: Tom, un uomo rozzo e infedele, e sua moglie Daisy, cugina di terzo grado di Nick, la donna di cui Gatsby è perdutamente innamorato...
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Fitzgerald pubblicò questo libro nel 1925. L'autore è riuscito, con maestria, a trasmettere tutta l'atmosfera di quegli anni "ruggenti" che, per certi versi, mi hanno fatto ricordare un po' l'atmosfera che respiravamo nei nostri anni '80, in cui l'edonismo e il ripiegamento nella sfera del privato ci spingevano sempre più verso un cieco egoismo e un materialismo consumistico e libertino. A mio avviso, i personaggi chiave sono Tom Buchanan e Jay Gatsby. Il primo, è un ricco borghese apparentemente "per bene", ma razzista, violento e adultero, quindi falso e assai ipocrita; il secondo, è un delinquente il cui sincero amore per Daisy trasformerà in una persona migliore, tanto da farcelo apparire come uno sfortunato idealista e un povero illuso all'inseguimento del suo "Graal". Il messaggio dell'autore è chiaro: le apparenze ingannano, spesso dietro una facciata di perbenismo e buona nomea, si cela un individuo spregevole; al contrario, un "contrabbandiere" può rivelarsi una persona capace di nobili sentimenti e grandi slanci di altruismo. Sono molti i temi dell'opera: il proibizionismo; l'incoscienza di quegli anni euforici, ricchi di illusioni, denaro facile e sete di potere; e poi tanti elementi autobiografici sparsi qua e là. Ma, secondo me, ci sono altri due tempi fondamentali. Il primo, è quello del rimpianto: certi treni passano soltanto una volta; e poi c'è quello che più mi ha colpito: l'irriconoscenza del genere umano. Quest'ultimo si manifesterà in tutta la sua terribile realtà nel finale del libro, ma non voglio rivelare di più. Basti qui dire che quando ho chiuso il libro, dopo aver letto l'ultima pagina, mi è venuta in mente una frase attribuita ad Enrico De Nicola: "La gratitudine è il sentimento della vigilia".
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