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L'acqua è un argomento scottante come pochi. Soprattutto negli ultimi decenni, da quando abbiamo iniziato a renderci conto di dovere radicalmente cambiare il nostro atteggiamento nei suoi confronti. Da quando abbiamo iniziato a percepirla come un diritto di cui potremmo essere defraudati. Da quando una fetta di mondo sempre più consistente non può accedervi, se non a costo di enormi sacrifici. È sempre più evidente, dunque, come l'"età dell'oro" dell'acqua, quella in cui era abbondante, sicura e poco costosa, sia agli sgoccioli. Così come è sempre più chiaro che dobbiamo abbandonare una logica di spreco e invertire un atteggiamento spensierato, derivante da una percezione falsata di illimitata abbondanza. Sciacquoni azionati con troppa frequenza, giardini innaffiati per mantenerne fresca e soffice l'erba, docce interminabili. Tutte pratiche che richiedono un consumo eccessivo di acqua, e per di più potabile. E tutte informazioni che in larga parte già abbiamo, ma che non guasta né ripetere né rileggere, proprio perché l'atteggiamento spensierato di cui si diceva è duro a morire. Bene, pertanto, soffermarsi su un libro denso e ricco di esempi concreti come La grande sete, che si sofferma prevalentemente sull'analisi del mondo occidentale, con gli Stati Uniti e l'Australia in prima linea. Certo, non tutti gli esempi prodotti dall'autore appaiono condivisibili, perché non ci piace vedere citato il colosso Monsanto come azienda virtuosa per le politiche idriche che sta sviluppando e neppure Coca-Cola, che sta mostrando negli ultimi anni una preoccupazione per la propria impronta idrica completamente nuova. È chiaro e Fishman certo non lo nasconde che questa inversione di rotta "non è frutto di una coscienza strategica in voga (
) è business". Ma restano comunque interessanti alcune delle teorie proposte dal libro. Innanzitutto, l'esortazione ad assumersi la responsabilità in prima persona e ad affrontare da una prospettiva locale la questione della crisi idrica. E anche l'interpretazione dei problemi relativi all'acqua come né semplici né banali, ma comunque risolvibili, con intelligenza, impegno e lungimiranza.
Silvia Ceriani
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