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Ho provato una certa emozione ad avere tra le mani Grateful Dead Economy, quella stessa emozione che si prova quando si sta per ascoltare un LP, e si accarezza il disco nero man mano che lo si fa uscire dall’involucro di cartone – come cantavano i Pearl Jam in Spin the black circle. Non è solo per la fantastica immagine di copertina, dalla quale emerge uno strambo personaggio barbuto con quattro braccia e due gambe elastiche, fra le mani una mela viola rosicchiata, unosmartphone, una bella cannetta ancora da accendere e un bitcoin appena coniato.
C’è di più, perché questo libro è costruito su un’idea tanto originale, quanto intelligente: l’ideologia libertarian si è nutrita di controcultura. Nell’argomentare questa tesi, Andrea Fumagalli (classe 1959) coglie l’occasione per omaggiare uno dei grandi simboli della cultura alternativa made in USA: i Grateful Dead. Così facendo stimola alcuni lettori a ricercare all’interno delle proprie esistenze altri episodi in cui l’energia sprigionata dalla controcultura è protagonista.
All’inizio degli anni Novanta, alle soglie dei vent’anni, mi piaceva la musica grunge. Nella mia città, cercavo dei modi convincenti per esercitare una certa ostilità nei confronti dei sistemi di potere che si ripetevano uguali a se stessi. Immaginavo Seattle, come un luogo in cui si condivideva un certo coraggio: è un fatto che sul finire degli anni Novanta il grunge giunto da lì all’inizio del decennio si fece corpo. 1999 Seattle WTO protests, l’esordio di un nuovo ciclo di mobilitazioni sociali su scala globale.
Il pensiero critico riviveva: una generazione di ventenni disadattati, comunque capaci di reagire al grande processo di rimbambimento degli anni Ottanta, si ritrovava faccia a faccia con gente che aveva circa vent’anni di più, e che poteva mettere in campo un’altra colonna sonora capace di suscitare emozioni disalienanti.
Fu allora che incontrai chi mi consigliò di ascoltare i Grateful Dead mentre discutevamo di teorie del circuito monetario e di approcci neo-schumpeteriani all’innovazione. Quell’eretico dell’economia che non aveva problemi a invitare gli studenti nei luoghi in cui la critica economica diveniva qualcosa di tangibile è l’autore del nostro libro.Come l’Howl di Allen Ginsberg, questo libro andrebbe recitato ad alta voce, sperando in reazioni coscienti per non abbandonarsi completamente e acriticamente alla psichedelia finanziaria che l’autore evoca. Siamo sul confine fra una mai realizzata economia della conoscenza (con le sue promesse di liberazione collettiva) e la dura realtà del capitalismo cognitivo (laddove invece i saperi espropriati divengono espliciti fattori di produzione e le attività umane da cui provengono non vengono riconosciute come attività lavorative da remunerare adeguatamente); un piccolo passo falso ci tramuterebbe in imprenditori di noi stessi pronti a vendere i nostri ideali, e le relazioni umane che su essi abbiamo costruito, a qualche corporation.
Il vagare di Andrea, che è anche il mio vagare, passa e ripassa per l’idea che la possibilità di dotarsi di un’autonomia finanziaria è condizione necessaria affinché la controcultura sia in grado di durare.
Il rischio di produrre modalità creative che si trasformano in nuovi modelli di business in grado di riproporre una nuova accumulazione originaria fa comunque paura. Per inciso è su questo che l’esperienza grunge «è stata suicidata» dai sicari impalpabili dell’autosfruttamento e dell’autolesionismo. Mi pare tuttavia evidente che la moltiplicazione di circuiti monetari alternativi – tra i quali beninteso vi sono esperienze assolutamente interessanti e ben fondate –, come anche la coerenza maggiore che in futuro potrà assumere la richiesta di un reddito di base incondizionato, non riescano ancora a gettare delle basi salde. Le basi di una resistenza o quanto meno di un immaginario collettivo, che frenino il self-made man che fa capolino in ognuno di noi.
Qualche pagina di Grateful Dead Economy vi farà bene, ma non leggetelo da soli. Cominciate ad ascoltarvi, a parlare di un’altra società possibile. Che qualcuno di voi suoni nel mentre, oppure metta in sottofondo della buona musica … meglio se psichedelica.
Recensione di Stefano Lucarelli.
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