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Mercoledì 18 luglio. Mi chiamo Nick. Un giorno, se da grande farò il gangster, forse mi chiameranno Nick the Prick, il Coglione. Questo potrebbe arrecare un certo imbarazzo alla mia famiglia, ma quando un padrino ti affibbia un soprannome da mafioso non è che puoi fare troppe domande. Ho quattordici anni (quasi) e vivo a Oakland, una grande e apatica città nella baia di San Francisco. Scrivo queste parole nella privacy minima della mia camera, sul mio clone di Ibm AT fastidiosamente superato. Il mio amico Lefty mi ha regalato una copia pirata di WordPerfect, così sto qui un po' a scrivere, per vedere se imparo i codici dei comandi. La mia ambizione, un giorno, è riuscire a spostare interi paragrafi con un unico passaggio. Di cognome faccio Twisp, ma lo detesto. Persino John Wayne a cavallo sembrerebbe effeminato con quel nome. Appena compio ventun anni giuro che me ne libero e ne scelgo uno più da macho. Per il momento mi piace Dillinger. «Nick Dillinger», che secondo me dà un'idea giusta di irsuta virilità. Sono figlio unico, fatta eccezione per mia sorella più grande Joanie, che ha abbandonato il focolare per mia sorella più grande Joanie, che ha abbandonato il focolare domestico per andare a vivere a Los Angeles e fare la cameriera a diecimila metri d'altezza. C'è un'altra cosa su di me che dovete sapere all'istante: sono ossessionato dal sesso. Quando chiudo gli occhi, schiere di cosce burrose si schiudono lente come una specie di coreografia da musical. Ultimamente ho una fissazione morbosa per il mio pene. Una volta era una landa remota a cui accedevo con noncuranza solo per motivi pratici legati alla minzione, ma nel giro di una notte, a quanto pare, è diventato una pacchiana Las Vegas del corpo, con tanto di neon pulsanti, varietà pieni di stelle, numeri con gli animali esotici e folle di convegnisti perennemente ubriachi a caccia di brividi perversi.