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È realmente necessaria oggi in Italia una legge che disciplini le "coppie di fatto"? è discriminatorio esprimere perplessità sul riconoscimento pubblico e formale delle convivenze, anche fra persone dello stesso sesso? Ci sono ragioni giuridiche per affermare che molti diritti dei quali godono i coniugi sono già estesi ai componenti di una unione civile? Questo scritto non utilizza argomenti, pur esistenti e validi, di carattere etico e/o religioso: facendo procedere in modo parallelo l'esame delle proposte avanzate in materia, anche da parte del Governo Prodi (con particolare riferimento al disegno di legge sui "Dico" - diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), e l'esame della legislazione ordinaria, della giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione in tema di convivenze, esso punta a documentare come la gran parte dei c.d. "diritti individuali", spesso evocati a fondamento di una legge sulle convivenze, già trovano puntuale tutela nell'ordinamento italiano. Questo scritto ha pure la pretesa di dimostrare che l'intento principale, se non esclusivo, di chi vuol introdurre i "Dico"o i Pacs è non già allungare l'elenco dei "diritti individuali", bensì il riconoscimento pubblico delle unioni civili, e in particolare di quelle fra omosessuali. E se invece si dedicasse un po' di interesse al soggetto che oggi è concretamente discriminato, e cioè alla famiglia, come "società naturale fondata sul matrimonio"?
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