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La guerra per il Mezzogiorno, per la novità di materiali e documenti e per la vastità delle ricerche, offre una prospettiva che innova interpretazioni fino a oggi date per acquisite.
«Carmine Pinto, sulla base di una ricca documentazione, ci offre in gran parte una ‘storia militare’ di quel decennio drammatico in cui il governo italiano doveva vincere per dare "legittimità definitiva al nuovo edificio nazionale".» - Giancristiano Desiderio, la Lettura
«Un libro che riporta la discussione pubblica a più equilibrate ragioni storiche.» - Luigi Mascilli Migliorini, Domenica – Il Sole 24 Ore
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Il movimento neo borbonico favoleggia di un meridione che prima dell’Unità era prospero, definisce il brigantaggio dopo la sua annessione all’Italia come un forte movimento di resistenza all’oppressore sabaudo che impoverì quelle terre depredandole di continuo. Carmine Pinto con questo suo interessante saggio ha voluto vederci chiaro, ricorrendo, argomento per argomento, a un’ampia documentazione storica e archivistica, con cui sono contestate le teorie dei neo borbonici. Se l’avanzata di Garibaldi, dopo il suo sbarco in Sicilia, proseguì trionfalmente con la partecipazione di migliaia di meridionali e se poi avvenne, dopo Teano con l’incontro dell’Eroe dei due mondi con Vittorio Emanuele II, l’annessione di quello che era il Regno delle Due Sicilie al nuovo Regno d’Italia, è indubitabile che in seguito ci fu un tentativo di restaurazione, promosso dall’ex re Francesco II e dallo Stato della Chiesa, tentativo che anziché essere affidato a un esercito regolare si estrinsecò in azioni di guerriglia al cui avvio diedero impulso i briganti già esistenti, ai quali poi se ne aggregarono altri. Pinto sfata subito il mito del brigantaggio meridionale come emblema della libertà e della ribellione contro gli invasori piemontesi; lì non c’erano certamente dei Robin Hood o dei Che Guevara, lì c’erano fior di mascalzoni che si videro legittimati a rubare, devastare e opporsi all’esercito regolare piemontese, nonché alla Guardia Nazionale, composta esclusivamente da elementi locali. Non esisteva un piano articolato, semplicemente si voleva rendere difficile e pericoloso il governo dello stato italiano, creare uno stato di tensione e confusione tale da provocare un’insurrezione popolare, che però non accadde. Per concludere, smontando tante teorie strampalate uscite dalla fantasia dei neo borbonici, secondo Pinto la guerra dei briganti è stata caratterizzata dalla quasi completa assenza di distinzione tra scopi criminali, scopi privati e motivazioni politiche.
Libro che chiarisce in modo documentato la fine del regno delle Due Sicilie, demolisce, senza per questo tornare alle ricostruzioni di comodo sull'unità d'Italia e alla loro retorica che per decenni ci siamo sorbite, un certo revisionismo neoborbonico altrettanto di comodo e retorico e colloca tutti i fenomeni nel loro giusto contesto storico..
Un libro veramente stupendo. Da leggere assolutamente
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