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Le tre conferenze che compongono questo libretto di un illustre specialista di storia veneziana corrispondono al titolo inglese (The Culture Wars of the Late Renaissance. Skeptics, Libertines, and Opera). La traduzione italiana, glissando sugli spettacoli operistici come elemento finale del trittico, rende in qualche modo più omogeneo, ma anche meno provocatorio, il progetto interdisciplinare di partenza. Muir si occupa infatti di società e cultura durante l'"autunno del Rinascimento" a Venezia, ma non si limita a descrivere le "guerre culturali" di primo Seicento (fra autorità ecclesiastica e nuove esigenze di libertà) nelle aree solitamente frequentate dagli storici: pensiero filosofico, ricerca scientifica, università o editoria.
La scelta di scrivere un capitolo dedicato ai librettisti e all'opera lirica veneziana nel suo momento di massimo splendore (1640-1680) allarga infatti l'orizzonte, suggerendo implicazioni sociali e polemiche non sempre sottolineate dai musicologi. I temi trasgressivi dell'erotismo affidati ai libretti, il comportamento del pubblico che frequentava i teatri, persino i rapporti fra spettacoli e finanziatori o simpatizzanti "libertini" svelano dei risvolti carnevaleschi e scandalosi in netta polemica con la società veneziana dell'epoca, dominata da una rigida repressione sessuale e sempre più condizionata dall'ortodossia gesuitica.
Certo, evocare la cultura libertina significa legare queste trasgressioni al futuro razionalismo illuministico e (per Venezia) alla figura mitica di Casanova. Ma permette anche di gettare nuova luce su altri aspetti del conflitto seicentesco fra libertà di pensiero e devozione all'ordine. Proprio nella città lagunare, infatti, l'Accademia degli Incogniti offre allo studioso un'occasione ideale per approfondire i temi dello scetticismo religioso e della sessualità, passando dall'opera lirica alla letteratura: gli scritti di Ferrante Pallavicino e la sua tragica fine sul patibolo diventano allora l'emblema di una sfida, di una feroce satira capace di rivendicare le ragioni della natura contro l'ipocrisia ecclesiastica.
In un quadro così ampio, ma al tempo stesso in un incrocio così serrato di settori diversi, si inseriscono anche le pagine di Muir sulla famosa polemica padovana fra Galilei e il filosofo aristotelico Cesare Cremonini, a proposito delle "nuove scoperte compiute col cannocchiale". Sullo sfondo di un'opposizione sempre più aspra fra la ratio studiorum gesuitica e la libertà dell'insegnamento universitario, i due professori rivali appaiono in realtà accomunati da "un'affinità intellettuale" profonda, controllati come sono entrambi dal Sant'Uffizio "per motivazioni che nulla" hanno "a che fare con il copernicanesimo". Non l'astronomia o l'aristotelismo, infatti, ma il razionalismo e lo scetticismo "libertino" li rendono sospetti. Su questo piano la sfida aperta di Galilei, che abbandona Padova per difendere la verità scientifica nel campo avverso della curia, ha lo stesso segno della prudente strategia "nicodemitica" di Cremonini, capace di esercitare "un influsso potentissimo" sulle giovani generazioni in nome di un radicale naturalismo: strategie diverse di una medesima "guerra culturale" in nome della libera indagine scientifica. Rinaldo Rinaldi
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