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Le trentacinque poesie (alcune delle quali con traduzione a fronte in inglese) che compongono questo volume di Pasquale Gionta, sono suddivise in tre sezioni definite cronologicamente dal periodo di composizione (1978-79, 1980-88, 1989-1992), e introdotte da epigrafi di tre nostri classici (Petrarca, Michelangelo, Leopardi), allusive al sentimento amoroso. Si tratta infatti di versi d'amore, oscillanti tra temi e toni tradizionali (l'attesa, lo sconforto, l'inseguimento, la passione fisica), con il costante richiamo a immagini quasi di repertorio (le stelle, la pioggia, l'incomprensione altrui), e tentativi di avvicinamento a terminologie e cadenze formali più attuali. Così ci imbattiamo in vocaboli desueti (incedere, calpestìo, coltre, burlesco, periplo, zampillo, sentore...) come in espressioni più disinvoltamente provocatorie ("imbrigliano/ gambe penose con peni pelosi"; "Io mi sgretolo dai balconi a cercarti/ e tu passi sullo spessore dei vetri"). Il rapporto con la donna amata sembra vissuto all'insegna dell'incertezza: adorata, accarezzata nella sua femminilità "a guisa di ninfa" ("la scompigliata cattedrale/ dei tuoi capelli-cerniera/ il mar Caspio/ dei tuoi occhi-miniatura", "fuggiamo -dissi- non manca nulla/ al nostro sudario, scucite pantofole", "le sculture cadranno ai tuoi piedi,/ gli schiavi usciranno dal labirinto per vedere te/ e come un violino di Chagall, tu galleggerai/ nel museo della mente e nell'aria"), ma anche temuta nelle sue reazioni spesso incomprensibili ("Ma lei, con quel candore soppiatto,/ lei, imbrattata di prospettive-cartapesta", "Ecco il suo volto/ tripartito, ribaciato, sommerso/ in una lava di carezza,/ mai lavato"; "Ora tu ti rivesti delle mie disfatte sul ghiaccio, nei deserti,/ mi accendi di lampi e mezzelune"). Madrigale offerto a una sorta di donna miraggio, fata morgana che proprio come la poesia si concede e si nasconde.
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