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Un interesse non solo estetico e filologico-letterario ma come dimostra il saggio su Aby Warburg anche "semantico ed espressivo in stretto rapporto comparatistico con il linguaggio". Centrale è l'idea di Cassirer del Saggio sull'uomo che l'essere umano û animal symbolicum pi· ancora che rationale û viva in un universo non soltanto fisico ma simbolico; e "il linguaggio il mito l'arte e la religione fanno parte di questo universo sono i fili che costituiscono il tessuto simbolico l'aggrovigliata trama dell'umana esistenza". Ne deriva la condivisione di un universo di simboli che permette di parlare di Linguaggi dell'Arte come recita il titolo del testo di Nelson Goodman a cui si fa riferimento in uno dei saggi.
Ma il simbolo è anche lo spazio dove si incontrano e si risolvono paradossali incompatibilità tra le due arti sorelle: le parole dell'una e il silenzio dell'altra la visione e la cecità. Poussin definiva la pittura "un'arte che fa professione di cose mute"; Matisse diceva ai suoi allievi: "Volete dipingere? Prima di tutto dovete tagliarvi la lingua perché la vostra decisione vi toglie il diritto di esprimervi altrimenti che con i pennelli". Da una parte premono l'urgenza della visione e il terrore della cecità ("Perché chi perde il vedere è come uno che è cacciato dal mondo" scrive Leonardo in Esempio tra la pittura e la luce); dall'altra si avverte il felice errare dello scrittore nella cecità e nel buio dove meglio si figura e si immagina la luce stessa (l'estate di Marcel nella Recherche assaporata nel buio della sua stanza e rievocata da Paul De Man in Allegorie della lettura) o in cui si scrive il ricordo del suo persistere: "e m'è rimasa nel pensier la luce / che m'arde e strugge dentro da parte a parte" nei versi di Petrarca cari a Ungaretti.
Altro interessante punto di vista infine viene dalla possibilità di prendere in considerazione la potenza e la vitalità delle immagini a partire dal loro divieto dalla severa legge iconoclasta pronunciata nell'Esodo perché û come suggerisce Kant nella Critica del giudizio û "Forse nelle tavole della legge ebraiche non c'è nulla di pi· sublime del comandamento: æTu non devi farti alcuna immagine neppure un simbolo'".
Chiara Lombardi
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