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Questo volume raccoglie una serie di saggi scritti durante il decennio 1955-65, ossia quasi l'ultima fase della produzione musicologica di Adorno (morto nel 1969); si tratta di un periodo fecondissimo, quasi frenetico, di articoli, conferenze, discorsi, trasmissioni radiofoniche che, a differenza di quanto spesso può succedere per un autore ormai affermato e celebrato, non si limitano a essere una pura ripetizione del già detto o una sintesi divulgativa di idee e concetti già espressi in passato, ma, al contrario, si confrontano con le sollecitazioni della realtà musicale più recente, fornendo spunti e novità interpretative, a testimonianza di un'eccezionale vivacità e di un costante impegno intellettuale.
Si sa quanto al grande musicologo e filosofo la forma del saggio fosse più congeniale rispetto al trattato o a qualsiasi esposizione sistematica; le sue sintesi folgoranti e la densità della sua scrittura ne caratterizzano uno stile che è diventato per molti un modello, spesso malamente imitato. Inoltre, nelle forme più "occasionali", in particolare le lezioni e le trasmissioni radiofoniche, l'autore si dimostra meno rigido e apocalittico di quanto non appaia negli scritti destinati alle stampe, addirittura più pragmatico e propositivo, meno influenzato da una certa ideologia e da un certo dogmatismo che talora non si può fare a meno di rimarcare nella sua filosofia. Ne risulta persino una maggiore chiarezza, in un autore spesso ritenuto linguisticamente oscuro, pur rimanendo intatta la profondità teorica e la ferrea struttura argomentativa.
In questi articoli, molti degli argomenti e autori già affrontati precedentemente sono oggetto di un'elaborazione critica che li sottopone a una sottile mutazione prospettica, tale da offrirne un'immagine diversificata, dialettica, per l'appunto. Per esempio il saggio su Stravinskij, pur ribadendo in gran parte le argomentazioni della Filosofia della musica moderna , presenta un approccio meno estremistico, in cui si evidenziano della musica del compositore russo talune intrinseche qualità e le geniali intuizioni, ravvisabili solo da un punto di vista retrospettivo e più disincantato. Lo stesso avviene per Wagner, di cui Adorno sottolinea l'attualità indagando gli aspetti più specifici della sua produzione e fornendone un quadro più aperto e problematico di quanto non avesse fatto nella celebre monografia giovanile. Al centro della miscellanea stanno però gli articoli di carattere teorico e quelli che si occupano dei più recenti sviluppi delle avanguardie musicali. L'ampio Vers une musique informelle , in particolare, mette sotto la lente di ingrandimento la musica di alcuni fra i più importanti esponenti dei Ferienkurse di Darmstadt, Stockhausen e Boulez in primis, per proporre un'inaspettata apertura all'aleatorietà e all'informale di John Cage. Così come La funzione del contrappunto nella nuova musica , Musica e tecnica e Il problema della forma nella nuova musica sono saggi che, sulla scia del celebre e assai discusso Invecchiamento della musica moderna , del 1954, approfondiscono una critica serrata alle avanguardie post weberniane; la metodologia qui non è puramente ideologica, bensì improntata sulla concreta analisi tecnica delle singole specificità tecniche, entro cui c'è spazio persino per alcuni consigli pratici ai compositori.
Emerge così un quadro teorico ampio e variegato di queste esperienze musicali, attraversato dal comune denominatore di quella che Adorno individua come la principale "aporia della serialità", ossia una problematica accezione del concetto di temporalità musicale: secondo l'autore il tempo, pur presente in tutti i parametri strutturali della musica moderna, non può ridursi a un "agglomerato di comportamenti sensoriali", mentre concerne quella "viva esperienza del fenomeno" che costituisce l'autentica oggettività musicale. Non solo la musica deve essere necessariamente compatibile con quel medium in cui essa soltanto si può dispiegare, ma la condizione stessa dell'esserci dell'evento sonoro non può che risiedere nella configurazione di ciò che lo precede e nella determinazione di ciò che ne consegue, altrimenti, dice Adorno, "la concretizzazione della musica nel tempo e la sua astratta forma temporale divergerebbero".
Il tema della temporalità, quindi, già presente fin dai primi scritti, riceve in questi saggi un notevole approfondimento e costituisce una sorta di pietra di paragone per un'analisi musicologica finalizzata a cogliere nelle pieghe della tecnica e della struttura il senso più proprio dei più attuali sviluppi della ricerca compositiva; e ciò tenendo conto della più volte ribadita convinzione che fra la teoria e la pratica musicale non debba esservi uno iato e che entrambe debbano essere continuamente sottoposte a una reciproca verifica. Questo, forse, può essere l'apporto più vivo di un pensiero filosofico-musicale spesso distintosi per una paralizzante limitatezza la quale, grazie anche a questi scritti, può ricevere oggi una decisiva smentita.
Carlo Migliaccio
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