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Dal punto di vista storico questo libro è molto interessante in quanto ricostruisce con cura e dettagliatamente le vicende delle principali multinazionali storiche; meno convincenti sono certe considerazioni sui riflessi che esse hanno avuto nelle vicende dei popoli in cui hanno operato. Sembra che gli aspetti negativi dei loro imperi siano semplicemente imputabili alla incapacità di comprendere il contesto sociale e culturale in cui operavano. Anche l’ottica della narrazione è rivolta prevalentemente alla vita di quelli che sono stati i protagonisti di questi imperi, mentre poco si dice delle condizioni di lavoro dei dipendenti delle multinazionali. Insomma è un testo “a difesa” delle multinazionali: in sostanza la difesa di Litvin è che le multinazionali hanno portato a miglioramenti delle condizioni di vita dei loro lavoratori nei paesi in cui operavano, ma rimane il fatto che le multinazionali sfruttavano risorse di un paese straniero e ne portavano via gran parte della ricchezza. Gli imperi si sono costruiti su questo e a parte i corrotti, Governi compresi beninteso, le ricadute sulle popolazioni erano e sono tuttora irrisorie; forse è più per questo che le multinazionali non sono ben viste ed incontrano difficoltà. Per non parlare della Monsanto che in India più che progresso ha portato miseria e relativi suicidi e della pratica frequente di delocalizzare, che, se da una parte porta un po’ di benefici ai lavoratori dei paesi in cui si sposta la produzione, produce effetti drammatici sui lavoratori che perdono il lavoro, un aspetto che viene rapidamente sorvolato. Infine sottolineo il paradosso che si indichino come “dittatori liberali”, quei personaggi del Centro America che assunsero il potere (oltre che per golpe) eliminando i propri avversari politici e reprimendo nel sangue le rivolte della povera gente; è una deformazione della realtà.
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