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Anno edizione: 2020
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Firenze, febbraio 1961, rubrica della posta dei lettori del "Giornale del mattino". Tosca Mazzi, una massaia che vive in una stradina popolare vicino alla stazione ferroviaria, scrive sulla protesta dei macellai locali contro il provvedimento che consente alla Supermarkets Italiani, la società americana che ha da poco aperto un supermercato pilota in città, di vendere carne anche al giovedì, giorno di chiusura per i macellai. La signora Mazzi chiede, a nome di "un gruppo di persone che fanno la spesa e che tirano avanti con un misero reddito fisso", il perché della protesta. Perché, dice, i macellai non si sono mai lamentati quando il prezzo dei beni di prima necessità aumentava? "Lasciamoli sopravvivere tutti, conclude ma almeno lasciamo anche che tutti i clienti abbiano la possibilità di comprare dovunque vogliano". L'episodio è uno dei tasselli che l'autrice, nota per i suoi studi sul fascismo, ha sottratto all'oblio costruendovi attorno un libro importante, che mostra come nel corso del Novecento l'"impero del mercato" e la società dei consumi di massa statunitense si sono imposti in Europa con le loro merci e i loro modi di produrle, promuoverle, distribuirle e consumarle. Lo fa inseguendo, in ciascuno dei nove densi capitoli scritti con eccezionale scioltezza, vicende come quella della signora Tozzi. Viene così testimoniato quanto il successo, nel secondo dopoguerra, di questo "impero-emporio", come lo chiama De Grazia, sia stato al tempo stesso tutt'altro che "irresistibile", eppure "egemonico", cioè capace di costruire consenso. Le "incursioni" della società di massa d'oltre Atlanticosono infatti materiate didifficoltà e resistenze a opera di chi, di volta in volta, da questa parte dell'oceano, riceveva, rifiutava, ma anche sollecitava e trovava elementi di interesse e di apertura in tali "incursioni".
Popolano così il libro gli uomini del Rotary, l'associazione di professionisti e imprenditori sorta a Chicago nel 1905, che vuole trasferire nell'Europa del primo dopoguerra mondiale l'"etica del servizio" e lo spirito di una socialità di ceto medio, saldamente incardinata attorno al mondo degli affari e dei consumi. Ma che si ritrova ad annoverare tra i suoi iscritti, nella Dresda dei tardi anni venti, la quintessenza dell'intellettuale "aristocratico" europeo, Thomas Mann. Oppure come i pubblicitari della J. Walter Thompson, o il proprietario di grandi magazzini Edward Filene, sostenitore accanito degli effetti "democratizzanti" del consumo e della possibilità di dischiudere alle grandi masse l'accesso individuale ai beni e al comfort.
Giocato con equilibrio e spirito critico sullo "scontro di civiltà" tra questa mentalità americana e quella europea, sospesa fra lo spirito elitario dello status e l'ascetismo del movimento operaio, il libro fornisce un notevole contributo di analisi di lungo periodo ai tanti discorsi, spesso vacui, sulle differenze tra Europa e Stati Uniti, ridotte dalla cronaca più corriva al rapporto fra Venere e Marte. E al tempo stesso dischiude un universo di nuove domande sul come, perché e in che misura l'"impero" si è affermato, in casa propria e fuori dei suoi confini nazionali.
Ferdinando Fasce
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