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Di Grendi, scomparso nel 1999 all'età di sessantasette anni, gli allievi Raggio e Torre tracciano un attento profilo culturale nelle pagine della prefazione che anticipa cinque saggi, editi e inediti, composti dallo storico genovese tra il 1965 e il 1998. Come affermano i curatori, Grendi è una figura anomala nella storiografia italiana, sia per l'ampiezza e la varietà degli interessi, sia per il suo percorso teorico, attento alle trasformazioni delle scienze sociali e alla loro ricezione nell'analisi storica.
Dopo essersi specializzato alla London School of Economics, fu professore a Perugia, Torino e Genova, e tra i fondatori della rivista "Quaderni storici", che seppe condizionare una fase assai importante del rinnovamento storiografico italiano. In L'avvento del laburismo (Feltrinelli, 1964) Grendi si affermò come studioso del movimento operaio inglese, analizzato in un'ottica sociologica e geografica che superava il tradizionale ambito dei dibattiti ideologici e che mostrava chiara affinità con lo storico Edward Palmer Thompson, dei cui libri avrebbe favorito la circolazione in Italia. Gli aspetti della morfologia sociale della città e della sua evoluzione dall'antico regime all'epoca industriale furono al centro degli studi su Genova tra XVIII e XIX secolo, culminati nel libro I Balbi: una famiglia genovese fra Spagna e Impero (Einaudi, 1997). Dalle innovative ricerche sulle confraternite derivò un apporto alla storia delle pratiche religiose in antico regime che prescindeva totalmente dalla dimensione politica e religiosa, parallelamente a un forte interesse per la discussione metodologica che lo vide sostenitore della microstoria in un'ottica antropologica ed etnografica.
Negli ultimi lavori Grendi si spostò sul terreno della local history, da lui valorizzata come ambito di applicazione che, configurandosi come prosecuzione della microstoria, consentiva di verificare comportamenti e sistemi sociali. In tal modo staccava dalla sua tradizione erudita un settore d'indagine al quale gli storici accademici avevano prestato scarsa attenzione, attribuendogli una nuova dignità scientifica in quanto terreno su cui portare a verifica quel rifiuto della grande scala spazio-temporale che Grendi aveva maturato già negli anni sessanta e quindi perfezionato nel corso dei suoi lavori e delle sue riflessioni. Nell'ambito della storia moderna ne era derivato un netto rifiuto delle strategie esplicative di Braudel. A Grendi il concetto di economia-mondo appariva una sorta di espediente retorico motivato dalla razionalizzazione post-fattuale, una geopolitica descrittiva dello scambio ineguale, come egli stesso ebbe efficacemente a scrivere, nonché una teologia della civilizzazione con finalità pedagogiche e politiche. All'opposto, calarsi nella dimensione "micro" appariva una scelta dettata dal bisogno di percepire i meccanismi concreti del cambiamento sociale e al tempo stesso di chiamare in causa le categorie antropologiche della storia economica, assumendole in un'ottica di storia sperimentale, il cui punto di attacco era l'aggregato più piccolo, la cellula-base del tessuto sociale, da cui cogliere i nessi collettivi e le relazioni spaziali. Non a caso da tale approccio derivarono indicazioni preziose per gli studi di storia della famiglia e di storia del territorio.
I saggi raccolti nel volume documentano il tracciato degli interessi di Grendi quale risulta dai contributi sulle confraternite, sull'associazionismo urbano, sui conflitti di confine, sulle false monetazioni e sulle corporazioni di mestiere, temi, questi, che sono stati indagati nella repubblica di Genova in antico regime.
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