L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2024
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In questo poemetto l’ateo Thomas Bernhard affronta, con la consueta rabbiosa e angosciata inquietudine, l’Assoluto, che chiama filialmente e in maniera ossessivamente ripetuta “Signore” (Herr), aggrappandosi allo scampo di una millenaria tradizione religiosa. Un intenso desiderio di recuperare l’intimità con la natura, terragna e cosmica, è presente nelle poesie in cui la campagna offre un suo humus di antico simbolismo sacrale - fatto di giaculatorie e riti scaramantici, più vicini alla superstizione che alla fede -, e il cielo rimane immobile e inavvicinabile, specchio di indifferenza e gelo. Potentissima è poi l’eco profetica veterotestamentaria di Isaia, Geremia e dei Salmi, nella loro implorante richiesta di aiuto, nella loro violenza vendicativa e nella spirale opprimente di colpa-penitenza-redenzione. Ma si avvertono pure risonanze dalle litanie medievali, dalla letteratura pietistica del 1600-1700, fino alle eredità espressionistiche di molti autori di lingua tedesca (Benn, Trakl, Bachmann, Celan), giustamente sottolineate dal curatore del volume Luigi Reitani. Il tema della morte, che campeggia già nel titolo, è predominante in ogni sezione. Cadenzato da pause di silenzio, da gridi penetranti e da una tenebrosa musicalità da requiem, esso si rifà alla tradizione degli “Sterbebüchlein”, trattatelli religiosi che insegnavano ai fedeli l’ars moriendi, esortandoli alla meditazione interiore prima dell’incontro supremo con Dio. Ma qui l’assalto al cielo di Bernhard non ha nulla di docile e rassegnato, piuttosto assume i toni di una sfida irosa, esibendo un disperato bisogno di consolazione, l’ansiosa ricerca di una risposta, e insieme il blasfemo rifiuto di ogni acquiescente devozionismo: c’è insomma in queste poesie giovanili già tutto il grande narratore che conosciamo e amiamo di più, la sua tormentata angoscia, il suo urlo di ribellione contro un destino ostile, contro un Deus absconditus e silenzioso da cui si sente tradito e condannato.
Un'ira iniziale pian piano disciolta in una supplica in versi, il male che abita la vita tradotto in invocazione al Signore, come un graduale consegnarsi a braccia senza tempo in grado finalmente di vincere ogni lotta, ogni febbre, ogni inquietudine. Questi i gradini che formano questo breve poema, dal rifiuto al dono, dalla sfida alla resa, dal perché di un male alla sua torsione in grazia. Lo dirà subito Bernhard: "Selvaggio cresce il fiore della mia ira / e tutti vedono la spina/ che nel cielo affonda/ stillando sangue dal mio sole./ Disprezzami Dio,/ io malato di questo fiore/che a me germoglia rosso nel cervello/ sul mio dolore". Un cammino delicatissimo, aspro, conflittuale in partenza e infine amato pur sotto la rude scure dell'inevitabile. Ma Bernhard ci insegna che prepararsi a morire "é un'arte musicale", un lento tormento che si deve mettere in conto e che, o pacifica in una accettazione della sorte o abbrutisce in un nonsenso comunque fallace. Questo il gioco, questa la cifra, senza ritorno. Sebbene giovanile, ancora acerba rispetto ai grandi lavori della piena maturità, questa raccolta ne incarna comunque il bozzolo, l'asse interiore del futuro scrittore, la radice violentata dai tanti lutti familiari, dall'angoscia di toccare morte e mote intorno, da uno squarcio di dentro che investirà poi tutta la sua poetica. "La malattia dei miei canti" la chiamerà, o ancora, in questi magnifici versi "il mio cammino che iniziò lieto nella neve/ si schiuderà nella pioggia di immobili angeli". Un vero singhiozzo sillabato, ma fiero, lucido, consapevole, che cerca di salvare il prossimo anche accettando il proprio sacrificio: "Manda Signore/ i chicchi come li hai seminati/ ai miseri che dinanzi ai freddi granai/ sottostanno e gelano". Il poeta canta per tutti, raccoglie lo straccio e il grido della luna, e getta se stesso in un oltre senza nome:"Voglio cantare le stelle che nuotano nel mio sangue". L'addio di un artista come "un pugnale di stanche labbra".
Ti sbagli, "Gehen" non è mai stato pubblicato in Italia, forse ti confondi con "Ungenach" o "Amras", o "La partita a carte", tutti di Einaudi. Esiste in inglese - lingua un po' più potabile del tedesco: T. Bernhard "Three novellas (Amras, Playing Watten, Walking)" Chicago Press 2003
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore