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Che nascano nei posti più imprevisti, in angoli di province sperduti alle cartine o dalle doglie più scontate di una grande città, gli ipersensibili per fortuna continuano a riprodursi. Il vasaio celeste non li trascura, e credo anzi che li adori come lo stampo più tenero che ama rifare nelle sue mani. Sono quei cuori distanti da ogni logica comune, passano per inetti dolcissimi e invece sono rancorosi veggenti che toccano presto il mondo attorno: "Io il binocolo me lo comprerò si, un giorno o l'altro, ma per guardarci a rovescio e vedervi lontanissimi, ancora più piccoli di come siete, che già siete piccolissimi". Finisce tutto in un diario, aperto ai lividi e alle grida di un uomo come un ventaglio che graffia più che fare aria, perchè la verità stride sempre nel mondo delle maggioranze: "I colpevoli si mescolano tra loro con gli innocenti con movimenti leggeri e fruscianti, vecchi francobolli colorati dentro una busta trasparente. Sono chiari e scuri i colpevoli, rettangolini di bianco smunto appena divisi da un filo più bianco o da una macchia bruna rotta e slavata. Si muovono adagio, leggeri, si toccano, si separano, tornano a toccarsi". Questa la prosa di un ragazzo che si confessa, chiara e ruvida mentre un incendio mostra le nature umane intorno a lui, le paure, le chiacchiere, le convenienze. Ma anche il suo disorientamento, le sue febbri d'artista, l'assenza della madre; un coro di bisogni e di sfoghi, di affronti e di carenze che alla fine sommeranno nel suo animo il taglio d una differenza, quel sentire, quel cercare la vita nelle sue fronde più nascoste, che per tanti è uno stupido guasto, mentre per lui sarebbe un disagio se non lo facesse: "Quello che sono è questa mancanza coagulata a forza d'essere attraversato dalle cose". E' così. Una fame di vita, d'amore e conoscenza spesso può somigliare a seme di vagabondismo. E' proprio l'opposto. Quei cuori sanno tutto, sono eccezioni incomprese, aliti fuori corso, rabbie sacrosante nel deserto dei sensi.
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