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“L’individuo libertario” è un testo che andrebbe spedito a tutti gli esponenti della politica italiana, e non solo. Certo c’è poco da obiettare a una ricostruzione che parte da lontano per meglio identificare l’attualità, il momento presente come premessa di un domani. A parte la differenza contenutistica (speculativa) dei vari capitoli, ho avuto come l’impressione che il primo capitolo e metà del secondo sia stato scritto “a muso duro”, forse perché una volta e per sempre fossero spazzati gli equivoci che, evidentemente, devono aver logorato Flores d’Arcais in questi anni e che devono aver minato la sua “tranquillità” di filosofo. Poi il testo si rasserena ed estende il suo ragionamento che prende una strada non condivisa, ad esempio, da La Porta, che critica il metodo dell’«imporre dall’alto». Ma una questione rimane. E’ certo che un’analisi che aspiri ad una “praticabilità” debba fare i conti con le “spinte” reali, quelle che vengono dalla società, attraverso tutte le sue espressioni: ciò per non restare nel “teorico”. Naturalmente, il discorso non ha una limitazione geografica intenzionale, però la “mondializzazione” è di sicuro un ostacolo a qualsiasi trasformazione “in controtendenza”, che tenti di stravolgere il modello dato (e trionfante). La volontà politica che quindi ci vorrebbe è ben più grande di quello che si possa immaginare e forse non appartiene a questa classe dirigente. Però, se c’è una possibilità di distinzione anche in questa classe politica, dev’essere quella del modello di riferimento, assunto “trasversalmente” (di una trasversalità a forze prevedibili, comunque), per approssimazione, ma che va posto come “ideale”. Una questione mi preme e la sottopongo. C’è nella sinistra “storica”, quella di ispirazione comunista, una difficoltà non solo a trovare e indicare una identità, ma a sopportare
Recensioni
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scheda di Ocone, C. L'Indice del 2000, n. 03
È inutile, dice Flores, riproporsi gli "eterni" problemi della filosofia, perché quei problemi sono stati già da tempo risolti. Davanti a noi non c'è più alcun mistero metafisico da svelare, ma solo un universo in-sensato, che è nato dal caso (e dal caos) e aspetta noi per ricevere un ordine (e divenire un cosmo). La filosofia risolta ci pone innanzi un mondo completamente disincantato e finito che esige il nostro intervento. L'individuo è chiamato finalmente "alla serietà dell'azione", ovvero al principio della responsabilità verso gli altri esseri e verso se stesso. L'etica è ciò che solamente conta. E, in quanto è l'esigenza cardine, essa non è fondata perché è in se stessa infondabile. Ma la scelta etica cosa impone? Esige che ognuno combatta il male, cioè "tutto ciò che allontana dalla eguaglianza fra quegli irripetibili che tutti noi siamo". Da questa impostazione, con estremo rigore logico, Flores ricava vari corollari: "la colpa è il privilegio", la realizzazione politica dell'etica è la democrazia, la democrazia va "presa sul serio" come politica radicale e libertaria. Tutte le posizioni di Flores intellettuale critico e polemista si ricollegano all'impostazione filosofica che egli ha dato al suo discorso: "il primato della legalità" non è altro che il primato di un ordine che rende formalmente uguali, cioè ugualmente degni, tutti gli individui. Ora, si può essere o meno d'accordo con la curvatura che Flores dà al suo pensiero, ma molti dubbi sorgono soprattutto sulle sue applicazioni concrete o pratiche. Più a fondo andrebbe messa in discussione la stessa scelta che Flores compie a favore dell'etica dell'aut-aut. Una scelta che spiega certi giudizi francamente troppo perentori. Non è sufficiente riproporre specularmente, cioè col segno cambiato, le tesi degli avversari. Meglio, molto meglio scombinare il tavolo da gioco e cambiare il mazzo di carte.
Corrado Ocone
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