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Anno edizione: 2014
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Come ha scritto Mimmo Càndito, compianto direttore dell’«Indice» e grande inviato di guerra della «Stampa», il libro di Gerbi e Liucci è il «più documentato e accurato intervento che mai sia stato compiuto sul lavoro di un giornalista, e non soltanto in Italia; offre un terreno d’analisi che nessuno, finora, aveva saputo percorrere con altrettanta passione, e altrettanto rigore, di ricercatore e di storico».
Sollecitata in questi giorni dalla martellante pubblicità del «Corriere» per il rilancio della Storia montanelliana, ho comprato e letto la biografia di Gerbi e Liucci. Debbo dire che non concordo con il giudizio del lettore John. A me il libro non è sembrato affatto demolitorio, tanto è vero gli autori a suo tempo sono stati anche accusati di troppa generosità nei confronti del loro personaggio. Il bello del libro è nel rigore documentario, frutto di scavi d’archivio certosini, e nella felicità della scrittura. Secondo il mio modesto parere, il mito di Montanelli ne esce storicizzato, con le sue luci e le sue ombre, senza alcuna partigianeria. Ovvio che a qualcuno piaccia di più l’anarchico conservatore del «Giornale» e ad altri il polemista antiberlusconiano, con una penna al vetriolo da far impallidire il buon Travaglio!
Gerbi e Liucci ripubblicano, riveduta, la loro biografia di Montanelli (in origine due volumi Einaudi, 2006 e 2009). Senza preamboli: gli autori hanno molta antipatia e pregiudizi radicati sul personaggio - pubblico e privato - Montanelli. Una pecca fatale per questa biografia. Ci vorrà tempo per rivedere con la giusta prospettiva questo grande talento intellettuale del Novecento. Montanelli è un gigante. E Liucci e Gerbi non sono all'altezza del compito, evidentemente.
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