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L’iniziazione di un uomo, primo lavoro di Dos Passos, quando uscì passò pressochè totalmente in sordina e venne rivalutato dopo molti anni quando già l’autore era famoso; la finalità dell’opera è quella di denunciare la tragedia della guerra, compito in parte riuscito con una scrittura che a volte assume quel tono di sufficienza che ho più volte lamentato per Hemingway. Certo ci sono i bombardamenti, la puzza acre del conflitto, fatta dai morti insepolti, dalle ferite infette, dalle esplosioni, da uomini che da lungo tempo non conoscono il piacere di una doccia, un’atmosfera sconfortante che solo l’amicizia, anche improvvisata e breve può aiutare per sopravvivere. Mancano però gli ordini insensati di Niente di nuovo sul fronte occidentale e di Un anno sull’Altipiano, come sono assenti le angosce dei soldati che si possono solo supporre con la fantasia, tanto da avere l’impressione che una battaglia possa assomigliare a una scampagnata fra amici finita in una rissa. E’ artificiale la guerra descritta, sembra raccontata da uno che non l’ha vissuta e invece sappiamo che l’autore era sul fronte occidentale, che trasportava feriti dalla prima linea ai posti di primo soccorso, che anche lui si è trovato sotto qualche bombardamento. Il motivo di queste mancanze credo risieda nello scopo effettivo dell’opera, cioè sì in una condanna della guerra, ma cercando di spegare ciò che vi sta dietro, chi l’ha provocata e quindi anche la soluzione. E’ indubbio che Dos Passos sia stato influenzato dalla rivoluzione russa, abbia abbracciato il marxismo-leninismo, lui che era di famiglia agiata, e infatti le colpe stanno nei grandi industriali, nella finanza, negli arrivisti senza ritegno, insomma in quello che un’accezione più ampia si definisce capitalismo e solo quando questo verrà sconfitto, solo quando gli uomini saranno tutti uguali non ci saranno più conflitti. A parte gli evidenti limiti è un libro che merita comunque di essere letto.
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