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Anno edizione: 2022
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XX secolo, un’isoletta accanto alle Lofoten: nel primo romanzo della saga dei Barrøy, l’infanzia e l’adolescenza di Ingrid, tra una natura terribile e magnifica e le pressioni della modernità.
«Su quelle isole c’è una tradizione solo orale, le persone non leggono libri, forse solo uno, la Bibbia; l’esperienza si trasmette di generazione in generazione a voce attraverso le storie.» – Roy Jacobsen, intervista a La Lettura - Il Corriere della Sera
Nessuno può lasciare un'isola, un'isola è un cosmo in miniatura, dove le stelle dormono nell'erba sotto la neve. Ma capita che qualcuno ci provi.
Barrøy, una delle tante isolette a sud delle Lofoten, è nei primi decenni del Novecento il piccolo regno di una sola famiglia, che dell’isola porta il nome e in cui convivono tre generazioni. È in questo luogo fatto di periodici silenzi e di onnipresenti orizzonti, «la cosa più importante che hanno quassù», che cresce Ingrid Barrøy, ultima nata di una stirpe abituata a una vita poco più che di sussistenza. Scarsa terra da coltivare, qualche pascolo per le pecore, la torba da cavare, la pesca: queste sono le risorse messe a frutto con caparbietà da suo padre Hans e dal vecchio nonno Martin, tra ondate di neve e uragani, mentre la divisione dei ruoli impone che la madre, forte e «dallo sguardo obliquo, perché viene da un’altra isola», e la zia Barbro si occupino di rammendare le reti, pulire le piume e raccogliere le uova di edredone. Intanto Ingrid coltiva la sua accesa sensibilità di bambina, si lascia scivolare su pavimenti di ghiaccio affascinata dalle profondità marine sotto i suoi piedi e impara dal padre il coraggio: mai avere paura del mare in tempesta, perché un’isola non affonda mai, «è salda ed eterna». E se il mare è la strada che tutti loro ogni tanto prendono, qualcuno addirittura per scappare, «un’isola trattiene quello che ha, con tutte le sue forze», e a Barrøy si torna sempre. In una prosa calibrata, dove le emozioni trapelano come i tanti segreti che ha un’isola, Roy Jacobsen narra la saga di una famiglia che, ai margini della Storia e immersa nella grandiosa semplicità della natura, resiste alla modernità finché un equilibrio si spezza. E il nuovo molo voluto da Hans, sottraendo i Barrøy all’isolamento, diventa il simbolo concreto di un’era sul punto di scomparire.
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Primo capitolo di una tetralogia, “Gli invisibili”, ripubblicato recentemente dalla casa editrice Iperborea, ci accompagna a Barrøy, piccola isola incastonata nell’arcipelago norvegese e ci narra le vicissitudini e i sentimenti dei pochi abitanti. Ambientato nel Ventesimo secolo, Roy Jacobsen ci racconta di Hans, capofamiglia caparbio e interessato alla modernità, di Martin, nonno scontroso e silenzioso, di zia Barbro, instancabile lavoratrice e di Ingrid, piccola di casa alla ricerca del suo posto nel mondo. Tra piccole incomprensioni, scelte avventate e disavventure spiacevoli, l’autore norvegese ci trasporta in un territorio aspro e colpito dalla intemperie dove vivere è molto complicato. Con una prosa scorrevole e intrigante, lo scrittore nordico ci accompagna in un microcosmo avvolto da una natura spietata e scandito da una quotidianità famigliare sfibrante e faticosa.
Le generazioni dei Barroy si succedono sulla loro isola in cui la natura bella e vergine, ma che può essere spietata e imprevedibile li mette a dura prova nel fisico e nella mente. Malgrado tutto, anche se ci sono dei momenti che vorrebbero allontanarsi dalla loro isola per vivere con i vicini della terraferma, poi sentono il richiamo della loro terra e vi ritornano. Lo stile di scrittura è scarno e direi telegrafico, e se da un lato lo apprezzo molto, dall'altro mi sono mancate le riflessioni sugli stati d'animo e i sentimenti dei personaggi. Anche se è propio dei popoli nordici la proverbiale riservatezza e taciturnità, che sfocia sino alla manifesta insofferenza dei contatti umani.
Tra le tante isolette a sud delle Lofoten ne esiste una che è abitata da una sola famiglia, i Barroy e anche l'isola si chiama Barroy. Da qui si può vedere, se la giornata è bella, Havedoya, l'isola più grande con tutti i servizi: l'emporio, i magazzini, la chiesa, il porto per i pescherecci. Da Barroy la si può raggiugere, se c'è bonaccia, in due ore di remi. Ma quanto è grande l'isolotto? "Un po' meno di un chilometro da nord a sud, e mezzo da est a ovest, ha molte colline e gole ricoperte di erba". Il racconto inizia con il capofamiglia Hans di trentacinque anni, pescatore e contadino, che è sposato con Maria, ed ha una figlia, Ingrid di tre anni; ci sono poi la sorella Barbro e il padre Martin ottantenne. Il romanzo è il racconto di questa famiglia e delle sue vicende, ma è anche il racconto di una natura bellissima, spesso inclemente nei duri mesi invernali, con il mare in burrasca, con i venti gelidi e impetuosi. Il silenzio è molto raro e "sull'isola è così insolito che la gente smette di colpo di fare quello che faceva e si guarda intorno per capire cosa succede. Il silenzio li stupisce. E' misterioso, quasi un brivido di attesa, un forestiero senza volto che percorre l'isola a passi felpati, avvolto in un mantello nero... Il silenzio è un brevissimo spiraglio di morte mentre sono ancora in vita."
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