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Vittorio Messori introduce, con garbo e sapienza, il Memoriale inedito del protagonista del "caso Mortara" che finalmente è accessibile ad ogni lettore. L'autore, nel redigere la sua lunga introduzione, si sofferma anche in una critica intelligente nei confronti di tre testi che in passato - bisogna tenere presente che la prima edizione di questo libro risale al 2005 - suscitarono molte discussioni: "Prigioniero del papa re" di D. I. Kertzer; "Il caso Mortara" di D. Scalise; "The Pope in Winter" di J. Cornwell. La cosa che mi ha molto colpito è che il Memoriale di Mortara, a quanto pare, non venne mai consultato né reso pubblico prima dell'opera meritoria di Messori; ed è davvero molto strano che uno storico come Kertzer non abbia mai sentito l'esigenza di ascoltare la voce del protagonista attraverso la sua autobiografia. Interessantissime le tante strumentalizzazioni ed ipocrisie del mondo liberale e massonico dell'epoca brevemente descritte da Messori. Purtroppo il pregiudizio verso il cattolicesimo è sempre fortissimo e ancora oggi a distanza di così tanti anni il "caso Mortara" è tutt'altro che archiviato. A mio avviso il problema è proprio quello che lo stesso Messori ha sottolineato, ovvero che "la prospettiva cattolica si basa su una gerarchia che non è possibile ignorare se non scardinando l'impianto stesso della dottrina della fede: quando un diritto di ordine naturale (quello dei genitori) contrasta con un altro di ordine soprannaturale (il battesimo), è questo, necessariamente a prevalere". Oggi un'affermazione del genere può lasciare sgomenti e risultare estranea agli stessi cattolici, ma la società in cui viviamo è ormai post-cristiana e lontana anni luce dalla sensibilità religiosa del XIX secolo. Condivido quanto afferma Messori a pagina 62 e 63: "[...] chi vuol fare della storia, o anche solo della cronaca, onesta e corretta deve giudicare i protagonisti degli eventi non secondo i propri tempi e le proprie prospettive, bensì secondo i loro".
In questo volume Messori scrive una lunga premessa per presentare il Memoriale inedito che il Mortara, ormai sacerdote trentasettenne, scrisse nel 1888 per narrare la vicenda che ha caratterizzato la sua infanzia e l'esordio della sua vita religiosa, segnata dalle conseguenze di quell'atto voluto da Pio IX. E finché il giornalista si limita a narrare la vicenda e le ragioni del rapimento perpetrato dal pontefice, tutto va bene: si possono perfettamente intendere la logica e le motivazioni politiche e dottrinali che spinsero il Papa (ancora re e quindi anche sovrano temporale) a mettere in atto la sottrazione del bimbo Mortara ai genitori ebrei legittimi. Però, ad un certo punto, Messori perde la misura e inizia una lunga tirata ideologica contro i mali e le contraddizioni del liberalismo col corollario della consueta nefasta influenza massonica, che risulta stucchevole e in cui affiorano i toni tipici del revisionismo cattolico-conservatore, toni e argomenti ben difficilmente digeribili per lettori laici e ,credo, perfino per la maggior parte dei cattolici. Per intenderci, siamo lontanissimi dalla pacatezza di un padre Sale e molto vicini alla vis polemica di una Pellicciari: insomma il Risorgimento e tutto il mondo ottocentesco che si ribellò contro il rapimento del bimbo, visti come elementi di una nefasta congiura moderna ai danni della fede millenaria e del Sacro Pontefice. Qualche riflessione sorge poi spontanea anche sul Memoriale stesso, che Messori presenta come la prova regina per dimostrare che Mortara tanto poco subì un trauma dal rapimento infantile da diventare un fervente sostenitore del papa che lo fece rapire e quindi tutte le critiche coeve e postume sarebbero speciose e segnate da spirito anticlericale e antireligioso. Anche senza volere mettere in discussione l'autenticità del testo nel suo complesso, esso è tuttavia così agiografico e untuoso da far pensare che la mano dello scrittore sia stata spesso guidata da una volontà esterna.
Il memoriale scritto dallo stesso Mortara e pubblicato per la prima volta in questo libro è fondamentale per comprendere un caso ottocentesco di cui si parla ancora oggi. Vivamente consigliato.
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