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Le tre sezioni di cui è composto questo libro di Livia Candiani hanno tutte in comune la levità delle atmosfere e delle parole, quasi avessero timore di ferire, o di incidere una realtà che la poetessa desidera solamente sfiorare: con la delicatezza di un soffio leggero, di uno sguardo appena posato, e subito rivolto altrove per discrezione. Si avverte addirittura qualcosa di volutamente svagato, distratto, programmaticamente inteso ad evitare il troppo di ogni passione, di ogni dolore. Ambienti e personaggi vivono la stessa, magica estraneità al mondo concreto delle figure di Lewis Carroll, lontane dalla pesantezza calcolata dell'età adulta. Così "La Signora" protagonista del primo capitolo "si è seduta sui rami", "è nata ieri/ e già la polvere la insegue", "cade tra le pupille imprestate", "chiude i giorni/ come fossero veli", "prepara il letto di foglie": è una fata, forse, o una fantasia, o una promessa di bene. Vive circondata da alberi, foglie, cieli, nuvole e uccelli. Tutte "cose leggere e vaganti", direbbe Saba. Nella seconda sezione, " Lettere mai scritte", la malinconia per ciò che non è avvenuto, ed è rimasto sospeso, irrealizzato, si fa più evidente, pur rimanendo circoscritta ad un'impressione sfumata di tristezza: " con quali passi/ si finisce se stessi/ in una lettera", "Anche una lettera d'affari/ è nostalgia/ di un impossibile/ parlarsi", "Come vorrei saper scrivere/ una lettera ai boschi/ a un fiume o a una/ qualità del cielo", "Strano mettere la data/ alle lettere come fossero/ valide solo per oggi". Il capitolo conclusivo dà il titolo all'intero volume ("Io con vestito leggero"), e ha il merito di aprirsi a versi che offrono il ritratto più esaustivo della loro autrice: "m'inchino ai semafori/ e accarezzo con le suole l'asfalto", "Sospendo il petto/ ai fili del bucato/...è mia questa capacità/ d'amare senza possibilità/ d'oggetto", "non siamo rose/ né uccelli/ né il vento/ ma l'attesa di soffiare/ di volare/ di sbocciare".
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