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Fra i tanti libri usciti nell'anno delle celebrazioni del centocinquantenario, questo di Angelo d'Orsi è sicuramente destinato a restare. E forse non c'era modo migliore di ricordare l'anniversario che quello di riprendere la fitta trama delle idee, politiche ma non solo, che hanno percorso la nostra storia, accompagnando e spesso contribuendo a determinare i processi storici reali. Rispetto al Profilo storico dell'"ideologia" italiana tracciato da Bobbio, questo è forse più attento alla dimensione pubblica e politica, ma ugualmente sa cogliere intrecci, richiami, continuità palesi o nascoste che vanno spesso oltre le pur consistenti fratture. I protagonisti della storia raccontata sono perciò non soltanto gli intellettuali, gli elaboratori delle culture politiche che hanno dato un'identità all'Italia unita, ma anche quei politici che a quelle idealità hanno fatto riferimento. È interessante vedere come la dialettica tra forze antidemocratiche e progressive percorra come un filo rosso la nostra storia, e sempre all'insegna di una costante assenza, che però d'Orsi non segnala, di una cultura liberale diffusa. Come meravigliarsi di alcuni esiti recenti, della "postdemocrazia all'italiana" di cui parla l'ultimo capitolo, se solo si pensi all'avversione diffusa, in tanti intellettuali sia di destra che di sinistra, per il parlamentarismo?
L'autore mette tutto se stesso, la sua visione e le sue idee, nella storia che racconta. E ciò, in prima istanza, non è un male, perché si tratta di materia viva, che non può essere trattata in un laboratorio asettico. I problemi sorgono quando il giudizio politico offusca la comprensione storica, accreditando un'interpretazione parziale di alcuni eventi o personaggi. Succede in verità solamente negli ultimi capitoli, quelli che trattano della storia a noi più vicina, in cui emerge prepotente la passione militante, che porta l'autore a concludere il libro con un "se non ora quando?". Prima l'autore limita la sua testimonianza a incisi attualizzanti che non intaccano il filo del discorso generale, che è anzi sempre attento a cogliere le sfumature e la dialettica mai riducibile a bianco e nero della vicenda storica. Magistrale è a tal proposito, a mio avviso, il modo in cui d'Orsi dà uno schizzo del passaggio, a volte molto rapido, dell'inquieta intellettualità del tardo fascismo spesso addirittura sulle sponde del comunismo (ben delineato è ad esempio il ruolo svolto in questo senso da una rivista come "Primato" e dal suo direttore Bottai). Si può dire che la dialettica tra fascismo e antifascismo, fatta aderire alle vicende concrete e biografiche degli individui, appare molto più complessa di come inevitabilmente la presenterebbe un discorso sui principi. La politicizzazione del discorso incide però pesantemente per fare un esempio nel modo in cui è liquidato ogni discorso sul riformismo italiano, quasi che non si potesse essere di sinistra e anticomunisti già ai tempi del vecchio Pci. Né sinceramente sembra corretto storicamente liquidare, come d'Orsi fa, il "migliorismo", cioè le posizioni della corrente del Pci che per prima cercò di riagganciarsi all'esperienza della socialdemocrazia europea, come craxismo e quindi, nella sua ottica, protoberlusconismo. La vasta bibliografia finale completa degnamente questo importante lavoro.
Corrado Ocone
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