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recensione di Consolo, V., L'Indice 1992, n. 7
"Il nostro uomo tagliò la corda che legava il suino e gli ficca nel fianco il coltello dandogli col ginocchio un colpo bestiale per l'appunto. Il maiale cade ululando dal portello aperto. Piange, è in acqua". Questa frase all'inizio, con salti a gradini di tempo - perfetto, imperfetto, presente -, con balzi dalla prima alla terza persona, con rapide svolte beffarde -"un colpo bestiale per l'appunto"-, questa prima immagine del romanzo "Jakob Pesciolini" di Enzo Fileno Carabba, che ha vinto il premio Calvino 1990, sembra rimandarci a un'aura di ottusa e assurda crudeltà da mondo contadino, da mondo stravolto come quello che si può leggere ad esempio in Rabelais e che si può vedere nei quadri di Brueghel il Vecchio, "Il mondo alla rovescia" o "Il paese di cuccagna", in cui maiali, per l'appunto, con coltellacci infilati nella cute come in guaine o cinghie se ne vanno a spasso tranquilli. Sennonché, nel racconto di Carabba, non siamo più nella demenza, dovuta a privazione o allucinatoria abbondanza di cibo, di un arcaico mondo, ma in un attuale, altamente tecnologizzato, opulento contesto in cui l'assoluta animalità, nelle forme più grasse e più feroci, riemerge come da una profondità obliata. Il primo capitolo o Prologo non è che la conclusione dell'intera vicenda, il cui svolgimento 'soi-disant' logico o cronologico si può in qualche modo riferire partendo dal secondo capitolo. Quando l'eroe Jakob, ultimo di numerosi fratelli e privo di genitori, bambino solamente anagrafico perché non infantile, appare nella casa d'un'isola. Solo, un giorno si butta nell'acqua e nuota alla scoperta del mondo. Viene subito travolto da un traghetto. In ospedale, riconosciuto "fenomeno" dalla ricca filantropa Erika Vonvolveth, viene preso, portato in una "civile" città ed è adottato dai coniugi Krop: architetto lui, scrittrice lei.
A scuola, Jakob si innamora della grassa Adel. Con Adel, naturalmente, sua Cunegonda, il nostro Jakob-Candido ha la sua iniziazione sessuale ("Adel era bellissima. Glielo sgusciò limpidamente e se lo introdusse. Così Jakob conobbe l'amore"). Da quel momento i due innamorati diventano compagni di avventure, evasioni, fughe per il mondo; diventano complici di malefatte, tra cui lo sgozzamento "senza ritegno" della Vonvolveth. In prigione, come capita a tutti i carcerati, Jakob Pesciolini si laurea e diviene un eminente scienziato. In libertà, cerca di realizzare un progetto grandioso che aveva accarezzato e studiato nei minimi particolari: irrorare di limone l'Antartide per trasformare i ghiacciai in una grande, immensa granita. E nell'Antartide sono disavventure, apparizioni, incontri, agnizioni, disastri, perdite, fra cui quella dell'amata Adel. La quale, apprendiamo in conclusione, è stata uccisa per gelosia da Jakob. Il nostro eroe, tornato ricchissimo dall'impresa, sopraffatto dal rimorso, tenta il suicidio con il lancio nelle fauci dei pescecani. Ma non gli riesce, e incarica un'agenzia specializzata in suicidi su commissione: e di nuovo sono intrecci, scoprimenti, soluzioni imprevedibili, in una circolare e labirintica sequenza che non ha fine o possibile porta o rito d'uscita.
Siamo, è chiaro, nel racconto di Carabba, nel dominio del favoloso, del fantastico; la sua materia è ritagliata in quella dell'assurdo e del sogno. Dice a proposito Bergson (Le rire): "L'assurdità comica è della stessa natura dei sogni"; e ancora: "Vi sono le ossessioni comiche che somigliano molto, mi sembra, alle ossessioni del sogno". E le ossessioni di Carabba sono appunto i pesci (Pesciolini), onirici e ripugnanti come nei quadri di Bosch o di quel Brueghel di cui sopra dicevamo a proposito di maiali scannati. Ma maiali e pesci (e pescecani) sono segni e simboli di un clima di 'outrances"'" che è quello dominante in "Jakob Pesciolini".
Se nell'arcaico mondo contadino di Rabelais e di Brueghel è rappresentata e celebrata con le oltranze tutta una festa delle trasgressioni, qui siamo di fronte alla più felice e irripetibile festa delle trasgressioni nella vita dell'uomo: quella dell'adolescenza. Dove, oltre che con il reale, si opera gioiosamente la frattura con i diversi codici, non ultimo quello linguistico o sintattico o strutturale.
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