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Anno edizione: 2004
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"E anche se vi sono aspetti umani di Joyce meno piacevoli, anche se appare, ed era, egoista e preso da se stesso, quello fu il prezzo da pagare per i suoi straordinari risultati letterari".
Queste parole conclusive del libro di McCourt ben riassumono l'immagine dello scrittore fornita dal suo biografo: un essere umanamente ripugnate e tuttavia artisticamente eccellente. Un'immagine certo non nuova, ma d'altronde non è in un bilancio complessivo sulla figura di James Joyce che vanno ricercate le novità di questo volume. Si tratta piuttosto, per McCourt, di "mettere in discussione l'opinione comunemente diffusa secondo cui l'ambiente cosmopolitico della Trieste del primo Novecento non gli aveva suggerito nulla". Secondo l'autore, infatti, non solo il periodo triestino è stato quello in cui Joyce ha scritto i racconti di Gente di Dublino, il romanzo Dedalus: ritratto dell'artista da giovane, il dramma Esuli e i primi capitoli dell'Ulisse, ma il personaggio di Bloom va considerato principalmente il frutto delle esperienze adriatiche e mitteleuropee dell'autore, e l'Ulisse un libro consacrato non solo a Dublino ma anche, a un livello più profondo e nascosto, a Trieste. Senza contare che a un attento esame l'ostica lingua di Finnegan's Wake appare fortemente influenzata da quel dialetto triestino, esito di un meticciato tra innumerevoli lingue, che Joyce aveva finito per padroneggiare alla perfezione.
A ben guardare, insomma, Trieste, con la sua pluralità culturale e linguistica, la sua atmosfera orientale e, non ultima, la sua cospicua e vivace comunità ebraica, appare in filigrarana in tutte le opere joyciane. E la Trieste degli ultimi anni dell'impero austroungarico è forse la vera protagonista del libro, che ricostruisce con grande minuzia l'ambiente urbano che in quel periodo circondava Joyce, seguendo le tracce dello scrittore per le strade, nei caffè, nei teatri lirici e di prosa, nei cinema, nelle sale di conferenza, nei locali della Scuola Berlitz e della Scuola superiore di commercio Revoltella, nelle case degli allievi, e soprattutto nei tantissimi appartamenti abitati dalla tormentata famiglia, che oltre alla moglie Nora e ai figli Giorgio e Lucia, comprendeva in quel periodo il fratello Stanislaus.
E in questa ricostruzione del periodo triestino di Joyce la figura di Stanislaus appare centrale. In una quotidianità segnata da continue difficoltà economiche, disarmonie coniugali e umiliazioni letterarie (Joyce andò incontro a moltissimi rifiuti prima di vedere pubblicati Gente di Dublino e Dedalus), Stanislaus pare farsi carico di ogni incombenza, pagando le spese, appianando i conflitti, risolvendo i problemi concreti di tutta la famiglia, rivestendo insomma l'ingrato ruolo di una sorta di agnello sacrificale sull'altare del genio del fratello maggiore.
Nella sua edizione originale Gli anni di Bloom trattava esclusivamente del periodo compreso tra il 1904 e il 1920 (ma soprattutto degli anni antecedenti la prima guerra mondiale), mentre la traduzione italiana è corredata da un prologo (Gli anni di Dublino) e da un epilogo (Autunno a Parigi) che intendono fornire un sommario quadro complessivo di tutta la vita di Joyce.
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