Attraverso i saggi di Achille Bonito Oliva, Henry Geldzahler, Richard D. Marshall, Jeffrey Hoffeld, Bruno Bischofberger, Luciano Caprile, il catalogo delle opere (a cura di Luca Marenzi) e la biografia dell’artista (a cura di Gaia Regazzoni), la monografia, che accompagna la mostra luganese, ripercorre l’intero cammino artistico di questa figura leggendaria definita nel tempo il “Jimi Hendrix dell’arte”, o ancora il “Re Bambino”, permettendo di conoscere in maniera approfondita uno tra i principali protagonisti dell’arte internazionale del Novecento.Martire tragico del suo stesso fuoco interiore che ne brucia ancora giovanissimo all’età di 27 anni, l’esistenza fieramente meticcia ed errante, Basquiat esordisce nell’ambiente artistico con i celebri graffiti siglati SAMO, il suo marchio di identificazione, e si impone come protagonista alla fine degli anni Settanta, assieme a Keith Haring, del movimento del graffitismo statunitense. Dopo aver partecipato, all’inizio degli anni Ottanta, a esposizioni collettive organizzate in spazi alternativi volte a offrire ai visitatori una visione d’insieme del panorama artistico-culturale newyorkese del momento, Basquiat a soli 21 anni viene ufficialmente lanciato nel mondo dell’arte come pittore grazie a un articolo scritto dal critico René Ricard che lo accosta a maestri quali Cy Twombly e Jean Dubuffet.Basquiat è stato uno dei pochi artisti emergenti a godere non solo di fama internazionale immediata ma a essere anche repentinamente sollecitato a esporre i propri lavori nelle gallerie più note di New York, e successivamente, nel resto del mondo. Intelligente, curioso, pieno di voglia di vivere, Basquiat rompe con la tradizione e impone la sua verità crudele denunciando i pericoli di una vita moderna: soldi, droga, sesso, adulazione, oppressione e razzismo. Nelle sue opere, l’artista ribelle incorpora ogni sorta di elemento: dai simboli della cultura di massa, ai riferimenti della mitologia jazz, dalla rappresentazione di eroi di colore divenuti famosi nello sport e nella musica, fino agli scheletri e ai teschi ispirati da un’attrazione verso la morte.Le sue creazioni sono una fusione di simboli, scritte e colori. I colori non sono quelli di un quadro su un cavalletto conseguiti con arte appresa; sono i colori della vita, della strada, al tempo stesso accesi e sbiaditi, sovrapposti come i manifesti sui pannelli che lasciano apparire gli strappi.Il percorso articolato secondo un andamento cronologico propone, attraverso una rigorosa scelta delle opere, una cinquantina di dipinti, una ventina di disegni e le “collaborazioni” eseguite con Andy Warhol e Francesco Clemente, tele commissionate dal mercante d’arte zurighese Bruno Bischofberger diventato gallerista esclusivo di Basquiat fino alla sua scomparsa. Sarà proprio con Warhol che l’artista instaurerà uno dei legami più importanti della sua vita e la scomparsa del maestro della pop art nel 1987 lascerà un vuoto incolmabile nella vita di Basquiat. A completamento del catalogo le fotografie inedite del noto regista luganese Edo Bertoglio, alcune delle quali scattate durante le riprese del film “New York Beat” ribattezzato in seguito “Downtown 81”, in cui Basquiat interpretò il ruolo principale di un’artista diciannovenne ancora sconosciuto che cerca di sopravvivere nella vivace comunità artistico-musicale della Downtown newyorkese di inizio anni Ottanta.
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