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Una biografia egregiamente completa;più di 800 pagine,scorrevoli,avvincenti e mai prolisse. Luci ed ombre del politico e dell'uomo. Da elogiare l'imparzialità dell'autore,che lascia al lettore il giudizio su quello che fu il 35esimo presidente degli Stati Uniti.
Biografia interessante e corposa, forse alcuni passaggi, ma pochi, avrebbero potuto essere alleggeriti per renderla maggiormente scorrevole
Biografia estremamente interessante, ripercorre la vicenda umana e politica di John Kennedy con obiettività, evidenziandone gli indiscutibili meriti così come le contraddizioni e le manchevolezze nella vita familiare e professionale. Molto efficace la ricostruzione del periodo che va dagli studi all’ingresso in politica, passando per l’esperienza militare nella II Guerra Mondiale, anni segnati da innumerevoli problemi di salute che JFK cercherà di minimizzare o nascondere per non compromettere la sua carriera e la sua immagine di uomo energico, vitale e vincente, aspetto che probabilmente si rivelò decisivo nel duro testa a testa con Nixon alle presidenziali del 1960. Il periodo alla Casa Bianca viene analizzato puntigliosamente da Dallek, con esaustivi capitoli dedicati alla politica interna (diritti civili, integrazione dei neri, riforme economiche) ed estera (la Baia dei Porci e Castro, la crisi dei missili sovietici a Cuba, i conflitti in Laos e Vietnam), ambiti in cui Kennedy commise alcune ingenuità riuscendo però a dimostrare sangue freddo in momenti critici come la citata questione missilistica del 1962, quando i due colossi si trovarono ad un passo dalla guerra nucleare e il giusto equilibrio tra diplomazia e decisionismo messo in mostra dal presidente americano fu fondamentale per evitare una escalation bellica. Il vento di cambiamento portato da Kennedy in America e nel mondo cessò di spirare il 22 novembre del 1963 a Dallas, il sogno di Camelot svanì in quell’autunno texano e con esso le speranze di milioni di persone che avevano creduto in JFK e nel suo idealismo. Libro nel complesso notevole, come unica pecca trovo insufficiente e troppo sbrigativa la parte inerente l’assassinio (personalmente non credo alla tesi della Commissione Warren, indicante Oswald come il solito lupo solitario).
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