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Come già nel romanzo Nella città natale (Einaudi, 1955) che rivelò Viktor Nekrasov, il motivo del «reduce» ha un ruolo centrale anche in Kira Geòrgievnti (1961): “Ma qui a ritornare, a reinserirsi nella collettività non è un soldato, ma un «riabilitato», un intellettuale. Arrestato nel 1937 durante le purghe staliniane come « nemico del popolo», Vadìm viene liberato dai campi di lavoro nella Russia di Kruscev. Il vero centro del dramma del ritorno non è lui, ma Kira, sua moglie: una scultrice inquieta, sognatrice, un po’ frivola. La ricomparsa di Vadìm dopo vent’anni trova Kira in una situazione complessa: vive con un altro marito, un vecchio pittore «ufficiale», ma ha una relazione con Jurocka, il giovane operaio che le fa da modello. L ‘apparizione di Vadìm rimescola i destini di tutti e ridistribuisce i ruoli. Nekrasov è narratore sobrio e asciutto. L ‘attenzione che porta ai sentimenti, la malinconica trepidazione per il destino dell’uomo lo avvicinano al grande filone cechoviano.
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