L'elegantissimo monocromo azzurro che ci attende sulla soglia di questo libro sembra stridere un po' con titolo e contenuto: ci saremmo aspettati, a dire il vero, una tela di Burri o, forse, ancor meglio, una famosa "cancellatura" di Emilio Isgrò, per introdurci alle "lacune" cui il bel titolo fa riferimento. La notazione non appaia peregrina: il nuovo libro della psicoanalista romana, seconda pubblicazione presso nottetempo dopo un "gransasso" del 2010 (Dialogo immaginario con Jacques Lacan), presenta brevi testi che "vorrebbero funzionare come dei buchi, dei vuoti, delle cavità, persino delle assenze". L'autrice, scegliendo uno stile ellittico, insaturo e frammentario, ci invita, insieme con lei, ad aprire, attraverso quelli che lei stessa chiama "piccoli scavi", spazi, cavità, vertiginose mancanze su temi quali identità, gelosia, sessualità, sintomi e nuovi sintomi, inconscio. L'esperimento appare felicemente riuscito e per più di una ragione. In questi "anni cognitivo-comportamentali" (ironica ma azzeccatissima definizione), dove a prevalere è una teoria forte, satura e alla quale fa da controaltare una clinica direttiva, medicalizzante e omologante, si sentiva il bisogno di un libro che non prova a "far quadrare il cerchio", che non offre risposte, soluzioni o ancor peggio "guarigioni". Ognuno dei quarantatré brevi testi che compongono il volume ci interroga profondamente su temi centrali dell'esistenza di ciascuno, pone una domanda continua, in un movimento, fatto di sottrazioni ed elisioni, tutto in apertura. Quello che poi stupisce è accorgersi come il libro possegga, a un secondo livello, una grande coerenza interna: frutto della grande sapienza con cui l'autrice maneggia la teoria (Freud e Lacan la fanno da padroni), che ci permette di accedere a questo particolarissimo esito in scrittura di quello che può rappresentare l'avventurarsi nell'inconscio e scoprire nascosti rimandi, risonanze impreviste e sotterranei richiami. Leonardo Spanò
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