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Scienza e dominio si intrecciano ormai in modo inestricabile. Ma «perché il dominio non deve essere esercitato? ed esercitato senza limiti? Forse perché finisce col violare i diritti dell’uomo? Ma quale conoscenza è ormai in grado di mostrare i veri diritti e di stabilire il vero limite che divide il diritto dalla stortura dell’uomo?». Con queste domande felicemente provocatorie, Severino avvia un’indagine stringente e acutissima, che vuole isolare il senso specifico in cui oggi la scienza parla di legge e di caso – e insieme risalire alla sua lontana origine, che è nella nascita del pensiero greco. Perché lì si forma la tensione che attanaglia tutto il pensiero dell’Occidente: da una parte l’affermazione inaudita del divenire in quanto «irruzione dell’imprevisto», in quanto caso che dal niente passa all’essere – e non solo è imprevisto ma imprevedibile, perché «è impossibile una previsione del niente»; dall’altra la radicale «volontà di salvarsi dalla minaccia di divenire», che si esprime nell’epistéme, in quanto esorcismo conoscitivo che si fonda sull’«incantesimo degli immutabili». Ma quest’ultima forma della conoscenza si è rivelata inadeguata di fronte all’avida volontà di dominio della scienza: anche le ultime larve di «immutabili», segnali di una verità incontrovertibile, sono state dissolte da una speculazione e da una pratica tecnica con cui la scienza raggiunge oggi «la forma più radicale di dominio proprio perché si espone al caso, cioè distrugge gli immutabili che lo rendono impensabile». Ma così si afferma anche «l’alienazione più abissale»: «la persuasione e insieme la volontà che le cose della terra, in quanto cose, siano niente». È un percorso lucidissimo, di bruciante evidenza, in cui Severino ha addensato molti temi che il suo pensiero sta articolando ormai da anni.
Il libro contiene anche un lungo saggio su Carnap.
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La filosofia è morta. Al suo posto, oggi, è subentrata la scienza con la tecnologia. La domanda che il filosofo si pone di fronte a questa situazione riguarda, appunto, la capacità o meno della scienza di andare oltre l’esigenza di incontrovertibilità, ossia oltre la metafisica. Sembrerebbe di sì, dato che il criterio di oggettività oggi si realizza sulla base della prevedibilità, della probabilità e, da ultimo, dell’intersoggettività ottenuta grazie ad una interpretazione condivisa. Questi gli argomenti dei due saggi. Nel primo si mostra come la prevedibilità si fondi su un ordine che per essere prevedibile deve essere immutabile. Dunque, la scienza, per dominare il reale non può prescindere dalla incontrovertibilità metafisica. Nel secondo, complemento del primo, si introduce alla lettura di Carnap. Se l’oggettività scientifica è garantita dall’intersoggettività, si apre un problema di comunicabilità, ossia di linguaggio, perché “il sapere intersoggettivo è, in senso rigoroso, linguaggio, ossia sequenze di segni e di suoni”. Quando un oggetto è presente, non sembra esistere alcuna possibilità di equivoco. L’equivoco è possibile o quando lo si interpreta, oppure quando l’oggetto è indicato con parole, per cui può accadere che ci si intenda riferire ad un oggetto e si parli, invece, di un altro. Secondo Carnap è possibile pervenire ad un mondo intersoggettivo, quindi oggettivo, afferrabile concettualmente e con precisione come unico e identico per tutti i soggetti. Ma la critica neopositivistica della metafisica, conclude Severino, è un esempio rilevante dell’incapacità, da parte della cultura contemporanea, di oltrepassare definitivamente la cultura tradizionale sulla base degli strumenti concettuali che l’occidente ha coscienza di possedere. Si tratta, dunque, di un testo fondamentale per comprendere non soltanto i limiti ma anche i pregi e le potenzialità future del discorso sulla scienza.
Il libro, molto agile e scattante nell'esposizione, chiarisce nel modo più nitido l'estrema contraddizione, già presente nella tragedia greca e nella filosofia, tra il "caso" (cioè la possibilità, e quindi l'ipotesi che una cosa che è POTESSE non essere) e la Legge, cioè l'ananche, la necessità, l'inevitabilità dell'Essere. Nella luce della Verità, cioè della non-contraddizione, l'idea stessa di caso e di possibilità è contraddittoria: è l'assurdo stesso. La Legge, il de-stino, la stabilità, l'immobilità del panta stasei di Parmenide è la Verità che non ammette negazione, senza che chi la nega la riaffermi. Il libro svolge un ragionamento serratissimo sul tema, con la solita profondità ed eleganza dell'Autore, capace di esser divulgativo, quando scrive libri "leggeri", ma mai banale, mai superficiale. Un libro da gustare e da rileggere: potrebbe anche essere la risposta veramente definitiva a tutti i ciarlatani che profetizzano un futuro che non verrà mai, perché il futuro c'è già e non può essere che quello che è.
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