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L'agonia e il pericolo del libro in questa difficile epoca, raccontata da Ferrarotti che "nato e cresciuto in mezzo ai libri. Mi hanno cantato la ninnananna" si definisce "un bibliofago" cronico. Questa perdita della lettura è dovuta alla massificante televisione, al crescere di Internet e soprattutto dell'analfabetismo degli alfabetizzati (idiots savants). Poi, la globalizzazione" trasforma radicalmente il concetto di verità" riducendola "a casuale sequenza di fatti e fatterelli distaccati", quali frammenti di un tutto che sfugge, moltiplicando l'identità perchè ognuno "si organizza in base alle esperienze vissute nelle realtà virtuali a cui partecipa". Il libro è diverso, come sappiamo. Anche l'attività della traduzione, nel rapporto con la lingua e l'autore e l'oggetto, diventa una sfida complessa che ci fa diventare co-autori... Ricordiamoci che "La cultura è insieme speculazione teorica ed esperienza pratica, teoresi e comportamento": la scuola (anche socializzando) dovrebbe fare innamorare i giovani alla gioia della lettura. Perchè "Le parole non sono le cose. Ma le cose stanno dietro le parole e le parole decisive, per tutto un destino, sono le parole della madre, la lingua materna fin nei movimenti, nei meandri e nei rutti prenatali. Tutte le altre lingue sono le lingue e le parole dell'esilio. Scrigni abbandonati per strade polverose o negli anditi bui delle case e della storia, i libri sono i custodi discreti, silenziosi delle parole. Attendono pazienti i loro lettori, attendono coloro che li faranno parlare, che sapranno ascoltarli, raccolti, concentrati, in silenzio, talvolta solo con un quasi impercettibile movimento delle labbra" . Così, in certe notti, Ferrarotti, nella solitudine vegliata dai suoi vecchi, tanti e ammucchiati, amici libri conclude con "Adesso lo so. Lo so con certezza assoluta. So che morirò con un libro in mano. Sarà la mia estrema unzione".
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